MILANO – Umberto Bossi, i figli Renzo e Riccardo e il senatore Piergiorgio Stiffoni sono indagati dalla procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta sulla Lega Nord.
Stando a quanto scrive l’Ansa riportando la tesi della Procura, Umberto Bossi sarebbe stato a conoscenza del fatto che i suoi due figli, Renzo e Riccardo, utilizzassero per le loro spese personali i soldi del partito, facendo rifermento per ottenerli all’allora tesoriere Francesco Belsito. Dai due figli del leader infatti sarebbero arrivate, secondo le indagini, richieste esplicite di denaro al tesoriere e per i due ci sarebbe stata disposizione una sorta di ‘paghetta’ di 5000 euro al mese a testa.
Uno degli elementi su cui si fonda l’accusa a Umberto Bossi è la dichiarazione fatta ai pm di Milano dalla responsabile amministrativa di via Bellerio, Nadia Dagrada che disse: ”Umberto Bossi firmava i rendiconti del partito”. I pm di Milano stanno vagliando anche, da quanto scrive l’Ansa, le posizioni della moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, e della vicepresidente del Senato, Rosi Mauro, che allo stato non sono indagate. Secondo gli inquirenti, infatti, sono necessari ulteriori approfondimenti sui soldi che sarebbero stati destinati alla scuola Bosina fondata dalla moglie del Senatur e sui fondi che sarebbero andati al Sindacato Padano fondato da Mauro.
Umberto Bossi, si legge sul Corriere, è indagato per una presunta truffa ai danni dello Stato da 18 milioni di euro di cui risponde in concorso anche l’ex tesoriere Francesco Belsito in qualità di legale rappresentante del partito in quanto firma i rendiconti che portano all’erogazione dei rimborsi elettorali. Sarebbero 18 milioni di euro la cifra che il partito ha incassato presentando, secondo l’accusa, un rendiconto infedele nell’agosto 2011 per avere i rimborsi elettorali relativi all’anno 2010. Nei confronti del leader del Carroccio, a differenza dei suoi due figli, da quanto scrive l’Ansa, non c’è alcuna contestazione che riguarda presunte spese personali. I Pm Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Roberto Pellicano di Milano gli hanno notificato un’informazione di garanzia nella sede del Carroccio in via Bellerio. Nei suoi confronti ci sarebbero agli atti dell’indagine non solo le dichiarazioni rese dallo stesso Belsito ma anche elementi documentali.
I figli del fondatore della Lega, Riccardo e Renzo, sarebbero invece indagati dalla procura di Milano per appropriazione indebita in relazione alle loro spese personali pagate, secondo l’accusa, con i fondi del partito. I due rispondono di appropriazione indebita in concorso con l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito.
Indagato anche Piergiorgio Stiffoni per peculato: il sospetto del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che coordina le indagini assieme ai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, è che abbia usato a fini personali i fondi destinati al Senato e sul cui conto corrente aveva la firma. Per la sua posizione la procura di Milano ha trasmesso a quella di Roma.
La procura di Milano, nell’ambito dell’inchiesta sui fondi della Lega Nord, ha anche riqualificato il reato contestato al consulente Paolo Scala modificandolo da concorso in appropriazione indebita in riciclaggio, in relazione agli investimenti esteri che sarebbero stati effettuati con il denaro del Carroccio. Scala, secondo gli accertamenti dei pm e della Guardia di Finanza, avrebbe messo a disposizione un conto cipriota sul quale sono finiti i soldi per gli investimenti sospetti per un valore di circa 6 milioni di euro.
Finora il Senatur e i suoi figli erano rimasti fuori dalle indagini e anzi hanno sempre rigettato ogni accusa, addossando tutte le responsabilità sull’ex tesoriere Francesco Belsito. Proprio poche settimane fa Bossi aveva ribadito di non vedere nel partito “dei ladri” ma solo “degli errori”.
Eppure dai dati raccolti dalle indagini i magistrati sospettano che la Lega Nord abbia utilizzato parte dei rimborsi elettorali per degli investimenti all’estero e per le spese correnti della famiglia Bossi. Nelle settimane scorse si è parlato di diplomi, lauree, macchine, viaggi, case che sarebbero state pagate ai vari Renzo, Riccardo, Rosy Mauro, Maneula Marrone. Ma finora nessuno della famiglia Bossi era indagato dai magistrati. Ora cosa farà il Senatur? E come si comporterà la Lega Nord adesso che proprio il suo fondatore e capo (ormai solo morale) è indagato dalla magistratura?
Un primo segnale arriva da Roberto Maroni che, casualmente o no, quattro ore prima che uscisse la notizia dei Bossi indagati ha scritto su Facebook: ”Voglio una LEGA UNITA, voglio una LEGA FORTE, voglio una LEGA VIVA. Una Lega che si concentra sulle cose da fare e non sulle menate interne, che progetta e governa, che dà risposte. LARGO AI GIOVANI E A CHI E’ CAPACE. Per faccendieri, ladri e ciarlatani non c’è posto nella Lega del futuro”.
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