Umberto Eco: “Speranza nei grillini. Non hanno ancora rubato”

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Umberto Eco: “Speranza nei grillini: non hanno ancora rubato”

Umberto Eco considera Beppe Grillo l’origine di “un cambiamento epocale“, rivelatosi appieno da queste elezioni 2013 in cui tutti i partiti già esistenti hanno perso terreno perché “restii ad accettarlo” quel “cambiamento epocale”, quindi dando

“ragione a Grillo quando usa l’appello (certamente populistico) del tutti a casa“.

Umberto Eco avverte che

“naturalmente non si ha democrazia dicendo che tutti i politici sono dei mascalzoni”

ma resta il fatto che molti hanno

“votato secondo questa persuasione e coi fatti non si discute. Anche gli tsunami e le alluvioni sono un fatto, mentre chi fa le processioni per far piovere di solito rischia la siccità”.

Ora Grillo, tuttavia,

“si trova in un momento di stallo perché sta passando dalla protesta, in cui eccelle, alla gestione in positivo della sua rappresentanza parlamentare”.

Intervistato da Stefano Bartezzaghi per Repubblica, Eco, guru e icona della sinistra da quasi mezzo secolo, ha detto di nutrire

“una certa speranza nei confronti dei grillini anche se, non per colpa mia, non so ancora chi siano e cosa esattamente pensino sul come gestire la cosa pubblica”.

Si consola, tradendo un fondo di pessimismo insuperabile:

“Se non altro non hanno ancora rubato”.

E rivendica la primogenitura quanto meno culturale del rifiuto della tv da parte di Grillo e di avere detto, tempo fa che

“la chiave del successo è non apparire mai in televisione”.

L’intervista si addentra in un laborioso percorso tra Jean-Jacques Rousseau e Norberto Bobbio, agorà e democrazia. Eco conclude che

“il grillismo parlamentare è una contraddizione, di qui gli imbarazzi di Grillo, perché la sua idea era quella di un grillismo informatico. Cioè, se è impossibile riunire a legiferare i cittadini su una piazza, si crea la piazza informatica e mediante Internet in cui tutti parlano con tutti si ricrea l’agorà ateniese, per cui il Sovrano è on line”.

Questo non tiene conto però

“del fatto che gli utenti del Web non sono tutti i cittadini (e per lungo tempo non lo saranno) per cui le decisioni non vengono prese dal popolo sovrano ma da un’aristocrazia di blogghisti. Pertanto non avremo mai il popolo in perpetua assemblea. Questo è l’impasse del grillismo che deve scegliere tra democrazia parlamentare (che esiste, e che lui ha accettato partecipando alle elezioni) e agorà, che non esiste più o non ancora”.

Amara riflessione che diventa anche un caveat:

“Una democrazia informatica è parsa esistere nella cosiddetta primavera araba, e ora vediamo chi poi ne ha approfittato ».

Torniamo all’ Italia e alle elezioni 2013:

“Anche in politica, come in letteratura e nella comunicazione massmediale, sembra che il pathos oramai predomini sul logos. È altrimenti difficile spiegare certi flussi che hanno portato per esempio sostenitori di [Matteo] Renzi a votare per Grillo. ]Non è che] la politica è diventata anch’essa soggetta alla legge consumistica per cui tutto ciò che è nuovo è più attraente?”.

Nuovo, viene da dire, e con un packaging. Quando, nel 1960 Richard Nixon fu battuto da John Kennedy alle elezioni per presidente degli Usa, molto peso ebbe il fatto che Nixon si mostrò

“in TV con la barba malfatta. Nixon doveva ispirare sfiducia per ben altre ragioni, ma ha perso a causa del suo barbiere”.

Viene Bartezzaghi da chiedersi e chiedere a Umberto Eco se la “insufficiente vittoria di Bersani” non sia frutto “soprattutto [di] errori di comunicazione e la rispoosta è sì:

“Quando Achille Occhetto [annunciò] di aver messo in piedi una gioiosa macchina da guerra, è iniziata l’epoca berlusconiana. E nel corso della scorsa campagna elettorale Bersani asseriva che avrebbe vinto e governato. Tutti abbiamo pensato che Bersani conducesse una campagna da gran signore, senza svaccare come i suoi avversari (ed era vero), ma non abbiamo tenuto conto che ogni volta che la sinistra si presenta come sicuramente vincente, perde.

“Da almeno sessant’anni in Italia il cinquanta per cento dei votanti non vuole un governo di sinistra o di centrosinistra. Non chiediamoci ora perché, è un fatto che per evitare un governo di sinistra (anche se l’aumento delle tasse è stato finora fatto solo da governi di centrodestra) una consistente porzione di elettori si è rivolta per cinquant’anni alla Dc e per venti [a Berlusconi]. Forse la proposta alternativa poteva essere [Mario] Monti ma (e anche questo è un fatto) non ha funzionato.

Conclusione:

“La destra vince quando la sinistra convince l’elettorato moderato che sarà essa a salire al potere. [Pertanto] una dose di vittimismo è indispensabile per non galvanizzare gli avversari. Ovvero, per vincere devi seguire il principio (attuato da Berlusconi) del chiagne e fotti”.

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