Università, il ministero al lavoro per correggere la riforma

Pubblicato il 3 Gennaio 2011 - 18:33 OLTRE 6 MESI FA

Archiviata la pausa delle festività natalizie, i tecnici del ministero dell’università sono già al lavoro per apportare alla riforma dell’università le ”correzioni” chieste dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo scorso 30 dicembre, ma anche per mettere a punto i decreti attuativi (ne serviranno una quarantina) che consentiranno alle nuove norme di diventare operative.

Quattro o cinque sono le ultime limature e dunque i decreti potrebbero essere varati in tempi brevi. Tra questi quelli sul reclutamento che mettono in moto il processo concorsuale definendo le regole per l’abilitazione nazionale dei professori e riducendo i settori disciplinari. Per quanto riguarda, invece, i rilievi del Colle, si appuntano su quattro articoli e riguardano i professori aggregati, le borse di studio ”territoriali”, i limiti di reddito per i docenti con contratti a termine e i lettori stranieri.

Il primo ”appunto” del Quirinale si riferisce all’articolo 6, concernente il titolo di professore aggregato; il problema nasce da una ”svista” della Camera, che ha tenuto fermo per due giorni il testo al Senato. Il Quirinale ha chiesto di fare un ”miglior coordinamento formale” e, se del caso, sopprimere il comma 5 dell’articolo in questione, che permette di conservare il titolo di professore aggregato per l’anno accademico in cui i ricercatori svolgono corsi e moduli, oltre che nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell’anno successivo a quello in cui ha svolto l’anno d’insegnamento.

Un’altra osservazione ha per oggetto l’articolo 4, nasce da una richiesta della Lega ed è il punto, forse, più delicato. ”Per quanto concerne l’articolo 4 relativo alla concessione di borse di studio agli studenti, appare – ha fatto notare Napolitano – non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell’appartenenza territoriale”. Da rivedere anche l’articolo 23 che di disciplina i contratti di insegnamento per esperti: ”Appare di dubbia ragionevolezza – ha detto il Capo dello Stato – nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale”.

Secondo la legge, le università possono stipulare contratti della durata di un ”anno accademico e rinnovabili annualmente per un periodo massimo di cinque anni, a titolo gratuito o oneroso, per attivitá di insegnamento al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale, che siano dipendenti da altre amministrazioni, enti o imprese, ovvero titolari di pensione, ovvero lavoratori autonomi in possesso di un reddito annuo non inferiore a 40.000 euro lordi”.

Una norma voluta, viene spiegato da fonti ministeriali, per evitare forme di precariato (non utilizzare giovani che non lavorano) chiesta tra l’altro da un emendamento del Pd. L’ultima criticità riguarda la disciplina dei ”lettori di scambio” ovvero i lettori in madre lingua (articolo 26). Il Colle ha chiesto che l’articolo in questione ”sia formulato in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale”. In pratica, i lettori internazionali hanno fatto causa perché gli spettavano degli arretrati. La legge garantisce i diritti arretrati in una certa misura ma con una limitazione rispetto a quanto richiesto dagli stessi lettori stranieri.