Vaccino da somministrare prima ai prof e agli studenti e poi ai settantenni in buona salute? Invertire, modificare le priorità nella lunga fila che allinea la popolazione davanti alla vaccinazione anti Covid? Arcuri commissario a tutto ha detto che su questo decide il Parlamento che può modificare la lista d’attesa.
I turni del vaccino
E’ in corso il primo turno, quello riservato a medici, operatori sanitari, personale e ospiti delle Rsa. Circa 1,5 milioni di persone. Speranza e Arcuri giurano questo turno sarà completato entro metà febbraio. Conte come al solito auspica, Regioni come al solito complicano, sgomitano, lamentano.
Il secondo turno, in teoria da metà febbraio a fine marzo, riguarda gli ottantenni (circa quattro milioni) e a seguire gli anziani fragili, cioè affetti da una patologia cronica rilevante (difficile quantificare perché piano vaccinale nulla specifica riguardo alle patologie).
Terzo turno finora dedicato alla popolazione dai 60 agli 80 anni di età. Gli anziani o meno anziani comunque in salute e buone condizioni fisiche. Turno da esaurire, sempre con il cronoprogramma dell’ottimismo discretamente sfrenato, entro giugno.
Quarto turno quello che entro ottobre dovrebbe vaccinare il resto della popolazione, con l’eccezione di chi ha meno di 16 anni. Quarto turno che dovrebbe completare i 42 milioni di vaccinati entro il 2021.
Vasto programma…ma qui è il terzo turno che interessa. A chi il terzo turno?
Salvate il soldato scuola
Anche stavolta e succede ogni volta Regioni soprattutto ma anche Comuni la prima cosa che chiudono e l’ultima che riaprono sono le scuole superiori. Fosse terapeutico, si potrebbe definire accanimento. Ma non è terapeutico, è accanimento…culturale. La maggior parte delle Regioni ha posticipato o rimandato sine die la riapertura dei licei fissata prima al 7 e poi all’11 gennaio. Scuole che sono chiuse da due mesi e vanno per il terzo.
E’ durata quel che è durata ma ora è chiaro, evidente e perfino ammesso dai suoi cantori che la didattica a distanza è un Pronto Soccorso utilissimo e sacrosanto ma non può essere didattica vera e piena. Quindi scuola non in presenza non è vera scuola, no presenza no scuola. Senza contare la mutazione culturale, forse la devastazione culturale, inflitta ad una generazione cui si toglie non solo la didattica, l’apprendimento, ma anche la dimensione sociale e collettiva della scuola. La Dad è una terapia intensiva, da cui la scuola o esce o muore.
Dura invece ancora l’alibi nazionale del trasporto pubblico come vettore principale se non unico del contagio scolastico e quindi come causa irremovibile della chiusura delle scuole. Un alibi alla non flessibilità e adattabilità e disponibilità delle strutture scolastiche. Dove per strutture si intendono sia quelle fisiche (locali, tipologia degli edifici) sia quelle umane (sindacati, prof, presidi). La scuola è refrattaria e indisponibile ad essere scuola sia al mattino che al pomeriggio. Lo era prima della pandemia, resta tale durante la pandemia.
Le carenze del trasporto pubblico però fanno da alibi non solo alla non flessibilità della scuola, fanno da alibi a qualcosa di più grande. Come mai nessuno pone davvero l’ovvia domanda: va bene, non li mandiamo a scuola perché rischiano contagio nell’andarci e tornare, ma non rischiano contagio andando, invece che a scuola, a spasso, al bar, con gli amici e i compagni? I milioni di ragazzi cui viene sottratta la scuola ovviamente e giustamente non sono reclusi in lockdown casalingo. Quindi ecco a cosa fa da alibi la storia dei trasporti pubblici, fa da alibi al fatto, staremmo per dire al “valore sociale” per cui un caffè, un aperitivo, una birra, una t-shirt acquistati o consumati valgono rischio di contagio più di una ora di lezione in classe.
Ma qualcuno, non il governo, non l’opposizione, non la politica e neanche purtroppo il corpo docente, sta prendendo coscienza e consapevolezza che così la scuola si butta via, per l’oggi e per il domani. Che così alla scuola si dà l’addio dandole costantemente appuntamento per il giorno del poi. E quindi la richiesta: vacciniamo prima prof e studenti. Per salvare il soldato scuola.
Probabilmente manca il tempo
Prima ancora di poter valutare la fattibilità logistica e organizzativa della richiesta (l’inversione di priorità con i settantenni). E anche prima di poter valutare gli effetti in termini epidemiologici (probabilmente si diminuirebbe la circolazione virale pagando lo scotto di aumento sia pur momentaneo della mortalità tra i contagiati). Prima ancora dell’auspicio che i prof si vaccinino tutti e della questione che si fa col prof che non si vaccina? (problema già emerso con alcuni lavoratori delle Rsa renitenti al vaccino, liberi di non vaccinarsi ma liberi anche di infettare i loro in teoria assistiti?).
Prima di tutto questo e tutto questo è tutt’altro che poco, per salvare il soldato scuola per l’anno 2021 probabilmente manca il tempo. Docenti a vario titolo quasi un milione. Personale scolastico altre centinaia di migliaia. Studenti della scuola superiore circa tre milioni. Quindi circa cinque milioni di persone da vaccinare in doppia e ripetuta dose. Partendo anche da inizio aprile (il primo slot disponibile dopo medici e poi ottantenni) si arriverebbe a completare la vaccinazione della scuola a maggio inoltrato (calendario e ritmo ultra ottimista). In tempo per chiudere l’anno scolastico e troppo tardi per riaprirlo come ingenuamente si proclama e si invoca “in sicurezza”.
No, non c’è tempo quest’anno per salvare il soldato scuola. La nostra comunità ha scelto più che subito due anni scolastici amputati fin quasi a diventare finti. Senza nulla togliere al sacrosanto diritto all’esistenza e sviluppo del lavoro delle ristorazione, la nostra comunità ha scelto di essere in maggior angoscia per le sorti del ristorante che per quelle del corso scolastico.
Latte versato
Latte ormai versato, dentifricio fuori dal tubetto, non può più esser rimesso dentro. L’ultimo realistico obiettivo è vaccinare prof e studenti delle superiori in tempo per il prossimo anno scolastico. Cioè in tempo per settembre 2021. Cioè cominciare a vaccinarli a giugno. Non è facile né sicuro né scontato che ci si riesca.