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Veneto, referendum: non secessione, ma rivolta fiscale. La sinistra non capisce

di Maria Elena Perrero |24 Marzo 2014 11:02

Veneto: forse non secessione, ma rivolta fiscale. Voti pesanti che la sinistra non capisce

VENEZIA – Il referendum in Veneto, con due milioni di voti a favore dell’indipendenza dall’Italia, non convince la sinistra, che sembra accogliere con un misto di irrisione e dubbio i risultati, come sono stati annunciati dagli organizzatori.

Ma sono tanti voti, magari non porteranno alla secessione, ma ci sono tutti i segnali di una rivolta fiscale diffusa di fronte all’oppressione dello Stato, cui si sommano le addizionali di Regione e Comuni.

Che iniziative di voto non controllate e gestite dalle Prefetture, nemmeno quelle sotto la supervisione dell’Onu, possano presentare motivi di perplessità è ultra vero: vale anche per le consultazioni del web di Beppe Grillo e per le primarie del Pd cui hanno partecipato quasi più extra comunitari che residenti italiani e hanno incoronato prima Pierluigi Bersani poi Matteo Renzi con lo stesso margine di dubbio.

L’atteggiamento della sinistra appare miope, perché, per quanto “i voti li contino loro”, cioè gli organizzatore (ma anche i voti del Pd li ha contati il Pd) non riconoscere che magari non due, magari non uno, magari solo milione di voti soltanto, ma è forte il “grido di dolore” che si alza da quelle parti e con numeri molto più bassi Cavour si sentì di annettere la Lombardia.

Qui nessuno può annettere il Veneto e l’Alto Adige, naturale terra di espansione dell’Austria (come fece Hitler) l’Austria non lo vuole: troppo costosi i sussidi, troppo viziati gli alto atesini da mezzo secolo di privilegi per cui i veneti pagano salate tasse.

Indicativo è l’atteggiamento di Repubblica, che accoglie con quasi spregio la notizia del voto in Veneto.

La notizia di oggi dal Veneto, che tiene una intera pagina del giornale di carta, è quella che

“A Verona mazzette, arresti, nepotismi, il sistema Tosi naufraga negli scandali”.

Chi vive a Roma alza le spalle e dice: “comunque a Verona e dintorni le cose funzionano, è sempre meglio Tosi di Ignazio Marino”.

La notizia del referendum è un piccolo incorniciato in fondo alla stessa pagina, dove è messa tra virgolette la parola “risultato” (del voto) a sottolineare che a Repubblica ci credono poco.

Sulla edizione online del giornale, Repubblica.it, poco più di un dispaccio di agenzia, che già indispone anche un lettore neutro fin dal titolo:

“Veneto, referendum virtuale”

Il testo, datato da Treviso, è sulla linea:

“Il referendum on line per l’indipendenza del Veneto dall’Italia ha conteggiato 2 milioni 360mila 235 voti, pari al 73% del corpo elettorale regionale. I sì sono stati 2 milioni 102mila 969, pari all’89%, i no 257.276 (10,9%). Sono i numeri della consultazione comunicati in piazza dei Signori a Treviso dai promotori del referendum, il movimento venetista ‘Plebiscito.eu’.

E’ stata una consultazione virtuale in tutti in sensi: perché fatta soprattutto attraverso la rete, oltre che con schede raccolte nei gazebo, e ‘voti’ telefonici, e perché, Costituzione alla mano, non ha alcun valore formale, men che meno istituzionale”.

Diverso l’atteggiamento di Libero, molto più attento alla pancia e al cuore del Nord di quanto non lo sia la meridionale Repbblica:

Il titolo, in prima pagina, è

 “Primo avvertimento: il Veneto se ne va”.

L’articolo, di Giuliano Zulin, la racconta in un altro modo:

“A Treviso, in piazza dei Signori, Gianluca Busato – promotore del referendum indipendentista – legge la dichiarazione di sovranità. […] Alla separazione dall’Italia, secondo il comitato apartitico plebiscito.eu- organizzatore del voto- sarebbero favorevoli 2 milioni 102 mila persone, ben oltre la metà degli elettori della regione. Il quorum, dunque, sarebbe stato superato. Le urne sono rimaste aperte per cinque giorni: si poteva votare online, con la tastiera del telefono o recandosi nei gazebo sparsi per la regione.

«Abbiamo fatto la storia!», urla Busato dal palco, «Da questa sera niente più tasse a Roma! Esenzione fiscale totale fino a che non entrerannoin funzione le nostre strutture!».

[…] La gente ha la sensazione di partecipare a un evento per certi versi storico. A Treviso gli indipendentisti veneti si proclamano liberi dall’Italia. Certo, di ufficiale non v’è nulla e sulla validità del referendum si discuterà a lungo.

Ma il sentimento comune tra gli indipendentisti più convinti è che ora l’Europa non potrà non appoggiare il diritto all’autodeterminazione del popoloveneto, elemento imprescindibile per aggirare – eventualmente – l’indivisibilità della Repubblica italiana sancita dall’articolo5 della Costituzione”.

 

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