Verso il referendum: Bossi non vota, Fini sì

ROMA – A tre giorni dall'apertura delle urne la partita del referendum si gioca tutta sul quorum. Bossi non vota, Fini si'. Il presidente della Camera e', come il capo dello Stato, dell'idea che andare alle urne sia un ''dovere'' civico. Al contrario, nel centrodestra si rivendica il ''diritto'' ad astenersi. Mentre il centrosinistra suona la carica della mobilitazione per ''quattro si'''. Ma esplode il caso del voto all'estero, che rischia, secondo Antonio Di Pietro, di compromettere il raggiungimento del quorum sul nucleare. I circa 3,2 milioni di italiani residenti oltreconfine, hanno infatti votato prima del 2 giugno. Ma il quesito per bloccare il ritorno all'atomo è stato riformulato solo il 6 giugno.

''E' impossibile una nuova stampa delle schede'', ha spiegato oggi il ministro Elio Vito. Insomma, quel che fatto e' fatto. Ma che ne sara' dei voti espressi? Saranno conteggiati? E soprattutto, varranno ai fini del quorum? Su questo si pronuncera' la Corte di Cassazione, ma solo dopo lunedì a urne chiuse. Ma se, come Antonio Di Pietro paventa, i voti espressi all'estero saranno decisivi per il successo della consultazione (''il quorum passa di fatto dal 50+1 al 58%''), il leader dell'Idv ha gia' pronte le contromosse. Prima dell'inizio dello spoglio presentera' infatti alla Cassazione un'istanza per chiedere ai giudici di far valere per il nucleare un ''quorum ridotto'', sottraendo dal calcolo i non residenti in Italia, che su quel tema non hanno potuto esprimersi. Ma se cio' non dovesse avvenire, Di Pietro e' pronto anche a sollevare un conflitto d'attribuzione davanti alla Consulta contro il governo, per non aver permesso a tutti gli italiani di esprimersi.

Intanto, però, la partita del quorum si gioca innanzitutto sulla scelta degli italiani di andare alle urne piuttosto che al mare, domenica. I comitati promotori hanno in serbo una miriade di iniziative, dai flash mob alle manifestazioni di piazza, per il rush finale. Ma anche i partiti del centrosinistra sono in prima fila per la mobilitazione per i ''quattro sì''.

Senza metterci il cappello: senza bandiere né simboli. Motivo per cui Pier Luigi Bersani e Antonio Di Pietro non saliranno sul palco di piazza del Popolo, nella kermesse organizzata per venerdi', ma lasceranno la parola a esperti e societa' civile. Intanto, si guarda al voto (e alle indicazioni di voto) dei leader politici.

Libertà di coscienza agli elettori hanno lasciato sia Bossi che Berlusconi. Anche per attutire gli effetti sul governo di un eventuale successo dei referendari. Anche nelle fila di Pdl e Lega c'è del resto chi annuncia il si' (due per il leghista Luca Zaia, su nucleare e acqua). Da parte sua, però, ''Bossi non andrà a votare'', anticipa Federico Bricolo. E Silvio Berlusconi, che non ha detto ufficialmente cosa farà, si era già espresso per l'inutilità dei quesiti. L'esito di quello sul nucleare, ha ribadito oggi anche il ministro Paolo Romani, è ''inutile''.

''Condivido la posizione del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che sul referendum ha detto di essere un cittadino che ha sempre fatto il proprio dovere'', sottolinea da parte sua Gianfranco Fini, nel ribadire che lui a votare ci andrà. Come gli altri leader del Terzo Polo, Casini e Rutelli. Chi invita all'astensione, una ''tattica vigliacca'', ''andrebbe denunciato'', secondo Beppe Grillo. Che sui 4 si' alla consultazione si trova d'accordo con Bersani, Di Pietro e Vendola. Ma anche con la segretaria della Cgil Susanna Camusso, convinta che ''i referendum sono un'occasione per il Paese per cambiare il suo futuro''.

Gestione cookie