Via Poma: stop all’alibi del fidanzato di Simonetta

Pubblicato il 12 Maggio 2010 - 14:25 OLTRE 6 MESI FA

Raniero Busco

Ha avuto uno ‘stop’, oggi in aula, l’alibi fornito da Raniero Busco per il giorno in cui fu uccisa l’allora fidanzata Simonetta Cesaroni.

Tutto è accaduto nel corso della nona udienza del processo che vede lo stesso Busco accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà proprio con riferimento alla morte di Simonetta, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 negli uffici dell’Associazione degli Ostelli della Gioventù in via Poma, a Roma, dove lavorava.

A testimoniare è stato chiamato Simone Palombi, l’amico che Busco aveva dichiarato essere in sua compagnia il giorno in cui fu commesso l’omicidio.

Busco stesso nel 2007 invitò gli investigatori a sentire alcune persone in grado di testimoniare la sua presenza il giorno dell’omicidio nel garage di casa sua, mentre cercava di aggiustare lo stereo del’auto.

Palombi oggi ha confermato che lui, quel 7 agosto 1990, non era con Busco, ma a Frosinone con la sua famiglia. “Accompagnai la mia famiglia a Frosinone – ha detto in aula – perché la sorella di mio padre, che era suora, stava per morire. Partimmo la mattina per andare al Convento di Vallecorsa, da dove ripartimmo verso le 17.30. Arrivammo a Roma intorno alle 19. Non ricordo se in serata andai al bar di Morena dove c’incontravano con la comitiva”.

Al tempo, sentito dagli investigatori, disse che verso le 19.45 andò al bar dove incontrò Busco con alcuni amici. Oggi ha detto “può darsi, ma non ricordo”.

Sul giorno dopo l’omicidio di Simonetta, “quando la polizia mi cercò – ha detto Palombi – io ero a casa di Raniero. Era pomeriggio. Sentii la mattina alla radio della morte di Simonetta, ma non ricordo se ci dicemmo qualcosa con Raniero. Fummo insieme per poco tempo perché arrivarono subito i poliziotti. Certo, lui era addolorato. Fummo portati separatamente in questura, lui dalla polizia, io andai con la mia auto. Poi io andai in vacanza; credo di aver rivisto Raniero alla fine di agosto perché lui non venne in vacanza con noi”.

Delle parole a favore di Busco sono invece arrivate dalle dichiarazioni di tutti gli amici della coppia Simonetta Cesaroni-Raniero Busco, oggi in aula a testimoniare.”Raniero non era violento o rissoso. Era un ragazzo normale, come tanti, con lui si poteva parlare, ridere, scherzare”.

Importanti, tra le altre, le dichiarazioni di Donatella Villani, amica del cuore di Simonetta. È lei la persona alla quale la giovane uccisa indirizzava le sue lettere-diario, che in aula Donatella ha dovuto interpretare.

Della prima, quella nella quale Simonetta scriveva la sua sofferenza per un rapporto amoroso che a suo avviso stava andando a rotoli, Donatella Villani ha detto: “Io e Simonetta usavamo scriverci di tutto e spesso addirittura non ci davamo i nostri scritti. Venti anni fa quella relazione con Raniero a lei sembrava una cosa grossa. Col senno di una quarantenne come oggi dico che era semplicemente una storia che lei viveva più intensamente e lui meno”.

Poi è stata acquisita al fascicolo del dibattimento una seconda lettera indirizzata all’amica, trovata nel portafogli di Simonetta il giorno dell’omicidio. Tra le righe, le frasi: “Con Raniero non va molto bene, non riesco a capire il suo comportamento. Credo di essere entrata in un vicolo cieco, dove l’unico modo per stare fuori è tornare indietro. L’unica a provare qualcosa sono solo io, e non può durare quando ad amare è solo uno dei due”.

L’interpretazione dell’ amica: “Sono sicura che se oggi Simonetta fosse ancora qui e rileggesse quelle lettere, forse l’avrebbe vista in maniera diversa. Quello che si vive a venti anni, poi a quaranta si vede in maniera diversa. Era una ragazza che soffriva per amore; ma di un amore che lei sentiva non corrisposto”.

I testimoni-amici sentiti in aula hanno detto di ignorare che Simonetta Cesaroni facesse due lavori. Sapevano della sua attività presso lo studio di un commercialista, ma del lavoro agli Ostelli non ne erano a conoscenza.