ROMA – Neppure il vino aiuta Matteo Salvini e Luigi Di Maio a ritrovare la via del dialogo.
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Entrambi all’inaugurazione del Vinitaly a Verona, i due aspiranti premier non si salutano, se non a debita distanza e con le solite frecciatine. “A Di Maio offrirei uno Sforzato perché si deve sforzare a fare qualcosa di più”, ironizza Salvini che alla fiera del vino è arrivato dalle 10.30 di questa mattina.
Ma ancora una volta l’imbeccata non sortisce l’effetto sperato. La risposta di Di Maio si fa attendere, fino alle 14, quando il capo politico dei 5 Stelle si presenta alla Fiera di Verona. “Chi si ostina a proporre un centrodestra unito propone una strada non percorribile e che può fare anche danno al Paese”, dice ai cronisti.
Poi Di Maio si gira ancora una volta dall’altra parte e cioè rivolgendosi al Pd: “L’ipotesi di un governo del cambiamento la proponiamo anche al Pd, io voglio fare un appello al senso pratico di tutti, non ci si può fermare e bloccarsi sulle logiche politiche”. E sull’ipotesi di un mandato esplorativo alla presidente del Senato Elisabetta Casellati aggiunge: “Questo lo decide il presidente”.
Insomma all’indomani della sferzata del presidente Mattarella ai partiti lo stallo è ancora intatto, nonostante l’attacco di Usa-Gb e Francia alla Siria. Un attacco che Salvini ha definito “pazzesco” mentre Di Maio si professa “al fianco degli alleati”. Divisi anche su questo, i due vincitori delle elezioni non sembrano affatto intenzionati a venirsi incontro.
“Io un bicchiere di vino lo berrei con tutti – dice affabile Salvini ai cronisti e alle tv – sono gli altri che devono decidere che tipo di vino bere”. Ma ribadisce che un colloquio con Di Maio non è in agenda. Il tempo per una stretta di mano del disgelo ci sarebbe ma è molto improbabile, invece, che i due decidano di parlarsi.
“Io – ripete Salvini – da questa mattina sto incontrando produttori, sono passato dalla Sicilia, dal Veneto, dall’Emilia alla Lombardia, quindi sono qui ad ascoltare e a ribadire il mio impegno, per oggi la politica è quella che passa da queste aziende”.
“Il presidente Mattarella – aggiunge – sa che noi siamo pronti a partire già domani con il governo, non siamo noi a mettere dei veti e a dire dei no, se anche gli altri saranno disponibili a lavorare, noi già da domani siamo pronti, abbiamo le idee chiare, un programma e una squadra pronti”.
E a chi chiede di cosa intenda per “noi” Salvini risponde secco: “Il centrodestra”.
Entrambi gli sfidanti hanno proseguito poi il loro red carpet elettorale. Una giornata lunga e movimentata, fatta si selfie, abbracci e battute. Ma è anche uno spaccato di come due leader non più emergenti e ancora senza governo siano visti dall’Italia investita da questa sorta di nuovo bipolarismo. Per entrambi sono soprattutto applausi, cori da stadio, selfie. Pochi, e bipartisan, i fischi, in una terra – il Veneto – dove Di Maio partiva svantaggiato.
Salvini sceglie di mostrare “i muscoli” aprendo e chiudendo la giornata. Percorre tutti i padiglioni, sorride. Per lui è un ritorno a casa: è nel Veneto di marca leghista, nel Veneto dove gli imprenditori chiedono quelle protezioni, anche in chiave anti-Ue, che Salvini promette da tempo.
Senza scorta, Salvini si concede ai selfie senza risparmiarsi. Le Regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia sono alle porte: siamo, in fondo, in piena campagna elettorale. Ma qualcuno, lo contesta. C’è chi gli cita Marcello Dell’Utri (secca la risposta di Salvini, “ma vai a bere sfigato”) e chi, allo stand della Coldiretti lo fischia intonando cori che si direbbero alla squadra avversaria più odiata. E in tanti, più come esortazione che come contestazione, gli dicono in fondo quello che dice M5S: “Mollalo Silvio”.
A pochi padiglioni di distanza Di Maio fa lo stesso, lo ripete a modo suo quando incontra Giovanni Rana e si sofferma sui tortellini ripieni. “Ripieni con Berlusconi? Quelli sono avariati…”, scherza. Al suo arrivo è subito ressa: di fan, di telecamere, di curiosi. Una ventina di poliziotti gli si piazzano intorno facendo da cordone e respingendo l’assalto dei cronisti.
Il suo è un tour più breve e dal sapore più istituzionale. Beve, ma con misura. Bianchi soprattutto. E’ accompagnato dalla nuova fidanzata Giovanna, che resta in fondo alla coda dello staff e si limita ad un sorriso gentile verso chi la riconosce. “Facci il governo Di Maio”, urlano i visitatori del Vinitaly, tra selfie, strette di mano e qualche coro dall’alto tasso alcolico. Come quando un gruppo di campani si avvicina a Di Maio intonando la canzone “o mamma, mamma, mamma, sai perché, mi batte il corazon…” che a Napoli forgiarono per Maradona.
Non manca, anche per Di Maio, qualche fischio, qualche isolata contestazione. Come quando al suo ingresso qualcuno gli grida “Silvio, Silvio”, per schernirlo. Lui sorride mentre, poco più in là, Salvini brinda con un vino della cantina molisana Di Majo. “Dai che è di buon auspicio”, sorride il leader leghista.
A fine giornata i due non si incontreranno. Il patto dell’Amarone, alla fine, sfuma. Ma, come sottolinea Giorgia Meloni, se il governo giallo-verde vedrà la luce la decantazione deve essere breve. Un po’ come per il vino bianco.