Virginia Raggi, “zarina debole nelle mani di Rasputin Marra”. La testimonianza dell’ex capo gabinetto Raineri

Virginia Raggi, "zarina debole nelle mani di Rasputin Marra". La testimonianza dell'ex capo gabinetto Raineri
Virginia Raggi, “zarina debole nelle mani di Rasputin Marra”. La testimonianza dell’ex capo gabinetto Raineri

ROMA – Una zarina manovrata dal suo Rasputin: così l’ex capo di gabinetto del Comune di Roma Carla Raineri ha descritto la sindaca Raggi nel suo rapporto con Raffaele Marra, l’ex vice-capo di gabinetto. Siamo alle ultime battute del processo che vede imputata la sindaca Virginia Raggi per falso in relazione alla nomina di Renato Marra (fratello di Raffaele) a capo della direzione turismo. La Raineri è stata ascoltata come testimone.

“Raffaele Marra non aveva nessuna delega, era formalmente il vice capo di gabinetto ma era il consigliere privilegiato del sindaco”, ha dichiarato Carla Raineri. Raffaele Marra e Salvatore Romeo, all’epoca primo vice capo di gabinetto e il secondo capo della segreteria politica, nell’agosto del 2016 “si comportavano in maniera autoreferenziale e arrogante, Marra almeno manteneva sempre un bon ton istituzionale, mentre Romeo era arrogante e maleducato”.

E ancora: “stavano in tre in una stanza a porte chiuse, per riunioni inaccessibili a tutti se non all’allora vice sindaco Daniele Frongia. Marra aveva un fortissimo ascendente sulla sindaca. Erano stati coniati vari epiteti per Marra, eminenza grigia, Richelieu, sottolineando la debolezza della sindaca come quella della zarina ai tempi di Rasputin. Chiunque si fosse messo di traverso rispetto alle loro ambizioni faceva una brutta fine. Penso a me, quando dissi che intendevo sostituire Marra con un generale dei Carabinieri nel ruolo di vice capo di gabinetto da lì a poco la sindaca si fece venire dubbi sulla mia nomina”.

La parola a questo punto del processo passa ai pm e alla loro requisitoria dove, verosimilmente verrà formulata la richiesta di condanna per la sindaca Raggi. Se condannata, ricordiamo, perderà, almeno secondo il codice di condotta interno, l’appoggio del M5S. Dovesse dimettersi o perdere la fiducia dell’assemblea capitolina, si andrà a nuove elezioni: nei grandi comuni, che prevedono l’elezione diretta del primo cittadino, la sua decadenza mette fine alla legislatura. 

Gestione cookie