Berlusconi in ospedale fino a lunedì: “Vogliono farmi finire come Craxi”

MILANO  – ”Silvio Berlusconi rimarrà ricoverato in ospedale fino a domani”. A confermarlo all’Ansa è Alberto Zangrillo, medico personale del Cavaliere e primario di Anestesia all’ospedale San Raffaele di Milano.

L’ex premier, a quanto racconta il Corriere della Sera, dall’ospedale milanese si abbandona a uno sfogo: “Vogliono farmi finire come Craxi”. Per il Tribunale infatti, il suo ricovero non è più sufficiente per bloccare l’udienza processuale per frode fiscale sui diritti Mediaset.  

Bettino Craxi, finì latitante ad Hammamet dopo essere stato condannato nell’inchiesta Mani Pulite. Il Cavaliere spiega che secondo il suo parere, i pm milanesi vogliano costringerlo a farlo scappare proprio come fece il leader socialista.

Sulla questione interviene anche il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone: “Ormai è evidente a tutti – scrive Capezzone in una nota – che verso Silvio Berlusconi sono praticati metodi che credevamo propri dei regimi non democratici verso i dissidenti politici”.

Secondo il portavoce Pdl c’è un “vero e grave allarme democratico”, che riguarda non “i diritti di una persona e di un leader politico, ma il diritto di tutti i cittadini a scegliere liberamente e democraticamente i propri rappresentanti, senza che vi sia una criminalizzazione scientifica e sistematica del suo leader”.

A proposito della visita fiscale richiesta dai giudici per Silvio Berlusconi, Alberto Zangrillo ha spiegato: “Mi aspettavo che i colleghi che sono abituati a gestire queste patologie potessero testimoniare con maggior forza la necessità di avere sempre sotto osservazione il paziente, perché queste malattie se trascurate e trattate male possono avere conseguenze permanenti”.

”Berlusconi è sottoposto – ha continuato – a una terapia con gocce che contengono un vasocostrittore che noi stiamo sottoponendo in una terapia molto robusta, quasi ogni ora. Su un paziente anziano, in terapia anti ipertensiva, questo può determinare delle possibili alterazioni emodinamiche o del ritmo cardiaco. Se unite questo al disagio psicofisico che e’ stato accertato, allo stress di un’aula di tribunale e agli episodi di salute precedenti comprenderete che non c’è certezza delle tutela assoluta del paziente che noi dobbiamo garantire”, ha concluso il primario di terapia intensiva.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie