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L’ombra dell’Iran sull’11 settembre

di fmontorsi |1 Giugno 2011 12:18

WASHINGTON – Dopo l’11 settembre del 2001 e la seguente invasione dell’Afghanistan, il governo statunitense, allora guidato da George W. Bush, si mostrò convinto dell’implicazione dell’Iraq di Saddam Hussein nel piano di al-Qaeda. Come sanno tutti, le teorie americane si dimostrarono infondate e le prove portate a sostegno dai servizi segreti si rivelarono dei falsi costruiti ad arte.

Oggi, a dieci anni di distanza da quel fatidico giorno, nuovi indizi raccolti dagli inquirenti riaprono il dossier delle complicità di Bin Laden e puntano ad un nuovo sorprendente intreccio internazionale. Dietro l’attacco alle Torri Gemelle potrebbe esserci la mano dell’Iran.

Decine di parenti delle vittime dell’11 settembre hanno avviato una procedura legale presso un tribunale federale del distretto di Manhattan, New York, allo scopo di chiarire gli eventuali legami del regime degli Ayatollah con gli autori dell’attentato.

La commissione che indagò sull’attacco terroristico trascurò all’epoca la pista persiana. Quando il rapporto conclusivo della commissione fu consegnato al Parlamento nel 2004, solo da pochi giorni erano stati raccolti gli indizi di un possibile coinvolgimento di Teheran. Gli autori di quel rapporto non faticano oggi a riconoscere le lacune e gli errori del loro lavoro e plaudono all’iniziativa legale, l’unica possibilità di fare luce su un aspetto dell’attentato che la trascuratezza del governo americano ha lasciato nell’ombra.

Il rappresentante delle famiglie, l’avvocato Thomas Mellon, ha annunciato che saranno portati in tribunale tre disertori iraniani, ex membri dei servizi segreti. La loro testimonianza dovrebbe indicare il coinvolgimento nell’11 settembre di Teehran e del gruppo terroristico libanese, appoggiato dall’Iran, Hezbollah.

Il materiale che sarà supervisionato dai giudici include le testimonianze giurate di ex membri della commissione per l’11 settembre, ivi compreso Dietrich Snell, un ex procuratore specializzato in terrorismo che sostiene che «esiste la prova che il governo iraniano abbia supportato al-Qaeda nella pianificazione nell’esecuzione dell’11 settembre».

La possibilità di un supporto logistico iraniano all’attentato non è una novità assoluta, perché la National Security Agency aveva da anni dei gravi indizi in tal senso. Nei file in possesso dalla NSA, che la già citata commissione omise di indagare approfonditamente, si scopre che 10 dei 14 terroristi che dirottarono gli aerei di linea avevano viaggiato tra ottobre 2000 e febbraio 2001 attraverso le frontiere dell’Iran.

Ancora più inquietante è il dettaglio che gli agenti della dogana iraniana avevano ricevuto l’ordine di non apporre il timbro sui passaporti, al fine di facilitare il viaggio dei terroristi e magari non comprometterne l’ingresso negli Stati Uniti. Altre prove circostanziali mostrerebbero infine che alti ufficiali di Hezbollah hanno seguito attentamente i percorsi dei terroristi.

La pista persiana riapre il vaso di Pandora dell’11 settembre. La propaganda di Bush e la leggerezza della commissione di indagine hanno portato alla luce solo una porzione della verità. Molti segreti attendono di essere scoperti. Alcuni di questi si celano forse nelle nebbie e negli intrighi della Persia.

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