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Obama snobba Berlusconi, Merkel e Sarkozy. Vede solo Cameron e poi: Corea, Cina, India, Giappone, Indonesia

di admin |26 Giugno 2010 11:34

Barack Obama e David Cameron

La fine del peso politico dell’Europa, decretata dai catastrofici mondiali di calcio in Sud Africa, è stata sancita dal G20 di Toronto, in Canada.

Il segnale definitivo del tramonto europeo lo ha dato infatti il presidente americano Barack Obama, il quale, tra oggi, sabato, e domani, domenica, avrà sei incontri bilaterali, con altrettanti capi di governo e dei suoi interlocutori solo uno sarà europeo, l’inglese David Cameron. Finita la guerra fredda, tramontati il pericolo rosso e quello russo, l’Europa non serve più come barriera e testa di ponte, agli americani non interessa più di tanto ormai come votano i francesi o gli italiani. Obama guarda al mondo dall’alto dei grattacieli della sua Chicago, dai quali si gode una prospettiva diversa da New York, e filtra la visione con il colore della sua pelle e l’origine recente della famiglia paterna, che lo rendono più vicino al terzo mondo non più emergente ma emerso e spostano l’ottica euro centrica che ha dominato i rapporti tra i popoli del globo.

Il fatto che nella giornata di sabato Obama apra il programma di colloqui faccia a faccia con l’incontro in una amena località turistica dal nome molto indiano di Muskoka, a 90 minuti di auto da Toronto, col nuovo premier britannico David Cameron, più che il rapporto privilegiato che ha sempre dominato i rapporti tra Stati Uniti e Gran Bretagna e che oggi semmai può essere un po’, ma solo un po’ offuscato dalla diversa collocazione politica di Obama (sinistra) e Cameron (destra), dimostra che il tema più urgente per Obama è la tragedia ecologica della “marea nera”, che è un tema di politica interna.

Dopo Cameron, Obama vedrà, sempre di sabato,  il presidente sudcoreano Lee Myung-Bak e il presidente cinese Hu Jintao.

Domenica sarà la volta del presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono, del premier indiano Manmohan Singh e del premier del Giappone Naoto Kan.

Per bilanciare l’evidente e comprensibile sbilanciamento asiatico, Obama, che sembra avere un debole per festeggiare sempre i 50 anni di qualcosa, ha annunciato che in Agosto inviterà i capi degli Stati africani, 18 in tutto, che in quel mese celebreranno i 50 anni di indipendenza: ”Per quella data avrò 49 anni. Mio padre apparteneva a quella prima generazione di africani venuta negli Stati Uniti. All’epoca dell’era dell’indipendenza vi furono anche molte delusioni e adesso, 50 anni dopo, vogliamo fare in modo che le cose siano indirizzate nel binario giusto”. Naturalmente il tutto condito con le solite questioni di sicurezza, problemi sociali e problemi dei giovani.

Il fatto che cinque dei sei interlocutori di Obama siano dirigenti di paesi asiatici e il sesto sia il britannico Cameron dà il senso del nuovo orientamento americano e dei loro interessi, che si riflettono nelle scelte del Presidente: perché perdere tempo con i rappresentanti dell’Europa continentale, incapaci di uscire dalla crisi, incapaci di dare una sterzta vera alle pastoie strutturali che bloccano i loro paesi (questo nell’ottica americana: il fatto che l’Europa occidentale sia anche una regione molto socialista ha consentito al vecchio continente di superare la crisi senza grandi sconquassi, anche se il prezzo di ciò sarà la lentezza della ripresa). Per Obama, i vari Berlusconi, Sarkozy, Merkel, sono poco più che delle macchiette: arroganti, presuntuosi, supponenti e anche razzisti, che ora rischiano di creare anche un’altra bega internazionale con la voglia punitiva tedesca nei confronti delle banche.

Sarà un tema di rilievo a Toronto. Obama ha già detto, durante la riunione del G8, che quella del controllo sul capitale bancario è la questione chiave nell’impegno per rafforzare il sistema finanziario globale. Secondo un funzionario della Casa Bianca, ”Obama ha parlato in modo ampio della questione del capitale e del fatto che nella riunione del G20 speri di vedere progressi su quello che considera il problema chiave per cambiare il modo in cui gli istituti finanziari guardano al rischio”.

Ma, al di là della demagogia di facciata, Obama sa bene che le grandi banche controllano il suo Governo e contro gli interessi di Wall Street anche lui può fare ben poco. Contro le idee dei tedeschi si sono schierati i russi, dei quali Obama ha più bisogno che degli europei e con i quali è arrivago a scambiarsi i messaggini con twitter; e ora, a complicare ulteriormente le cose ci sono gli asiatici, per i quali ha parlato venerdì al G8 il premier giapponese, Naoto Kan.  Lo ha con chiarezza alla cancelliera tedesca, Angela Merkel. Secondo un portavoce del governo giapponese, Naoto Kan ha detto alla Merkel che “il fallimento di Lehman Brothers non ha particolarmente colpito il nostro sistema bancario. Sistema nel quale gia’ esiste una forma di deposito assicurativo, un fondo, per far contribuire le banche ai costi di eventuali crisi”. Naoto Kan ha quindi sottolineato alla Merkel ”l’importanza di valutare l’impatto che una misura del genere può avere sull’economia”.

La posizione del Giappone è dunque quella delle conclusioni del G20 finanziario di Busan, in Corea, in cui, ha ricordato il portavoce, si sottolinea come ”bisogna sviluppare il principio secondo cui i contribuenti non devono più pagare per le crisi finanziarie”, senza però che questo implichi una tassa sulle banche. In merito alla discussione su come coniugare crescita e risanamento dei conti, il Giappone si schiera da parte di chi sostiene che è ancora presto per ritirare i piani anti-crisi.

Anche se lo scenario è mondiale, o come si dice oggi, globale, e i temi di politica internazionale sul tappeto sono molti, anche Obama è in larga misura prigioniero della politica interna americana e è consapevole che sulla marea nera si gioca la faccia con una parte importante del suo elettorato, il mondo “green”, ambientalista, e i neri della Louisiana che ancora portano le conseguenze della disastrosa gestione dell’uragano Katrina da parte della amministrazione Bush e guardavano a Obama come a qualcosa di diverso da quel mondo di sfruttatori bianchi che ha continuato a comportarsi come se la schiavitù fosse ancora in vigore.

Sulla marea nera Obama può giocare con decisione la carta della demagogia, come ha fatto da maestro, anche per un banale fatto, che la sigla Bp, responsabile del disastro, sta per British Petroleum e la sede della compagnia è a Londra. Quindi  Obama ci può andare pesante, sicuro di non urtare interessi americani e anzi magari di conquistarsi qualche gratitudine da parte dei petrolieri americani, notoriamente grandi elettori dell’odiata famiglia Bush. Se la Bp saltasse, sarebbero in molti a brindare in quel di Dallas.

Questo spiega l’incontro con Cameron, a sua volta pressato dalla giusta tutela degli interessi inglesi e probabilmente anche pungolato dai terrorizzati azionisti. Anche se le azioni ordinarie della società sono distribuite tra più di 314 mila azionisti, quasi il 95% di quelle azioni è concentrato in sole 777 mani: fondi di investimento, mega banche e privati, il fior fiore del capitalismo britannico, magari ci sarà anche qualcuno della famiglia reale e molto probabilmente qualcuno che con le sue donazioni ha contribuito al successo elettorale di Cameron.

Cameron è arrivato al G 20 molto agguerrito dicendo subito che sui costi che Bp dovrà sostenere per far fronte ai danni causati nel Golfo del Messico ”serve chiarezza”, perché bisogna evitare che si arrivi alla ”distruzione” della compagnia petrolifera:”E’ nell’interesse di tutti che Bp resti una compagnia forte e stabile. E’ una questione che Gran Bretagna e America devono risolvere, per vedere quello che Bp deve fare ma senza che sia trattata in maniera tale da ostacolarne la capacità d’azione. Bp vuole fermare la fuoriuscita di petrolio e ripulire l’area inquinata dalla marea nera. E vuole pagare i pescatori colpiti, i proprietari degli alberghi, e la gente che ha sofferto da questa situazione. E lo farà”. Però è chiaro il messaggio a Obama, che c’è andato giù molto pesante, a colpi di miliardi di dollari, nelle richieste di risarcimento: “Vacci piano, non esagerare con la demagogia, l’Inghilterra non si fa mettere i piedi in testa da te”.

Per essere certo di  presentarsi all’incontro con Obama in forma smagliante, Cameron, arrivato giovedì sera in Canada, ha inserito nel programma della sua giornata di debutto sulla scena dei summit mondiali ”un buon inizio”: un ”po’ di nuoto nel lago”, antistante l’esclusivo resort di Derrhurst, dove sono ospitati i Grandi della terra. ”E’ stato un ottimo inizio di giornata”, ha commentato Cameron, che ha aggiunto essersi trattato di una nuotata forse tra le ”più sicure mai fatte: ero tra due file di poliziotti e probabilmente nel lago c’erano anche gli uomini-rana”.

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