Afghanistan, l’Italia pensa a una “training mission” sul modello iracheno

Il modello ideale, per l’Italia, sarebbe quello iracheno, dove oggi opera un ristretto gruppo di istruttori militari – una ”training mission” composta in gran parte da carabinieri, sotto egida Nato – e ormai da anni non ci sono più truppe sul terreno. Così alla Difesa immaginano il futuro impegno italiano in Afghanistan: l’incognita principale – a parte la consistenza del contingente – riguarda i tempi.

Quando? Il ministro Ignazio La Russa da mesi indica il 2011 come la data dell’avvio del ‘ritiro’ dei militari italiani in Afghanistan che potrebbe concludersi, a suo avviso, già entro l’anno, con un’accelerazione notevole rispetto al 2013, generalmente indicato come termine ultimo per il ritorno a casa delle truppe internazionali. Intanto, però, questo 2010 si conferma come l’anno del massimo impegno italiano, visto che oggi il contingente schierato nell’ovest supera abbondantemente le 3.500 unità e salirà a 4.000 entro dicembre.

Anche per quanto riguarda i mezzi c’è stato un rafforzamento: sono stati di recente immessi in ‘teatro’ i nuovi blindati Freccia e lo stesso La Russa ha annunciato l’invio di ulteriori elicotteri per ridurre i rischi dei trasporti via terra. Proprio di oggi è la notizia che tra due giorni raggiungeranno Herat tre nuovi elicotteri EH-101 della Marina militare, dando così ”attuazione – spiegano allo Stato maggiore della Forza armata – all’indirizzo voluto dal ministro della Difesa di dotare il contingente italiano in Afghanistan di maggiore mobilità e sicurezza”.

Si tratta di un contingente robusto, dislocato in quattro province e articolato in quattro task force con varie basi (il quartier generale di Camp Arena, ad Herat, è ormai una piccola città), distaccamenti e avamposti, numerosi mezzi di diversa tipologia, elicotteri e aerei, con e senza pilota. Insomma, un dispositivo imponente, ma l’area sotto comando italiano è vastissima e impervia: impossibile esercitare un’attività capillare di controllo del territorio. Un compito al quale devono necessariamente pensare le forze di polizia e l’esercito afgani ed è per questo che i militari italiani – nell’ambito delle loro attività, che spaziano dalla sicurezza alla ricostruzione – si sono concentrati molto sull’addestramento.

”Dobbiamo fare in modo che, prima possibile, riescano a fare da soli”, ripetono ad Herat. E i risultati sembrano buoni. Nonostante gli attentati recenti, infatti, la città di Herat e l’intera regione occidentale dell’Afghanistan si confermano tra le più stabilizzate del Paese, anche se alcuni distretti continuano ad essere infestati da talebani. Uno dei battaglioni addestrati dagli italiani si è dimostrato tra i più efficaci dell’intero esercito afgano. La formazione delle forze di polizia va più a rilento, ma comunque procede.

Il ministro La Russa è soddisfatto di come stanno procedendo le cose e si è detto ottimista: ”potrebbe avvenire che la nostra zona ovest entro il 2011 venga largamente consegnata al governo afgano”, ha dichiarato, aggiungendo che a quel punto rientrerebbe ”la gran parte dei nostri soldati che hanno compiti operativi”, i quali non verrebbero schierati in altri settori, ma tornerebbero a casa.

Resterebbero solo gli addestratori, che attualmente sono circa 450 e il cui numero potrebbe aumentare sensibilmente. Una questione di cui il ministro parlerà la prossima settimana a Roma con il comandante di Isaf, il generale David Petraeus, e che affronterà sicuramente anche a Bruxelles, giovedì, in occasione del vertice dei ministri della Difesa e degli Esteri della Nato.

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