Afghanistan: Sembra allontanarsi la data del ritiro degli americani voluta da Obama

Sei mesi dopo la decisione di inviare altre truppe in Afghanistan, l’incerto procedere della guerra ha posto in evidenza le tensioni esistenti nel governo riguardo alla fattibilità del piano secondo cui il presidente Barack Obama conta di ritirare i militari americani a cominciare dal luglio 2011, a quanto scrive il New York Times.

All’interno dell’amministrazione, le difficoltà incontrate nello sconfiggere i talebani in una zona non particolarmente agguerrita e l’elusiva lealtà del presidente afghano Hamid Karzai hanno causato preoccupate discussioni riguardo alla possibilità che la tabella di marcia di Obama possa in effetti essere rispettata.

Anche prima dei recenti insuccessi, i militari erano parecchio scettici sulla saggezza di stabilire una data in cui cominciare il ritiro, ma il Capo della Casa Bianca non volle sentire ragioni: la guerra, ora nel suo nono anno, doveva finire.

Allo stato dei fatti, la Casa Bianca ha deciso di attendere una revisione – già prevista a dicembre – delle vicende belliche per valutare se la data stabilita dal presidente è verosimile. E alti funzionari precisano che l’inizio del ritiro a luglio del 2011 dipenderà dalla situazione nel Paese e da quali decisioni prenderà Obama riguardo ai tempi del ritiro.

Ed anche se il ritiro comincerà nella data voluta da Obama, rilevano i funzionari, le truppe destinate al rimpatrio non saranno molte. Il presidente, aggiungono, ha triplicato il numero dei soldati dal suo ingresso alla Casa Bianca, e quando finirà il suo mandato ci saranno sempre più truppe in Agfhanistan
di quando l’ha cominciato.

Sulla questione del ritiro sì, ritiro no, il dibattito negli ambienti che contano comincia a farsi acceso tra chi vuole restare e chi sostiene il tutti a casa.”Le cose non vanno bene”, dice ad esempio Bruce Riedel, uno specialista regionale alla Brooking Institution che ha contribuito a definire la strategia dell’amministrazione Obama all’iniziodel 2009. E aggiunge: ”Non ci sono molti segni di quella svolta che ci si aspettava”.

E il comandante in capo delle truppe alleate, generale Stanley McChrystal, ha dichiarato la settimana scorsa che l’assalto contro i talebani a Kandahar ”comincerà più tarsd di quanto originariamente previsto”. Altri ufficiali sono ancora più pessimisti. ”Se qualcuno pensa che la conquista di Kandahar avverrà quest’anno si sbaglia di grosso”. Evidenziando l’incertezza diffusa, uno di loro ha posto la questione dell’andamento della guerra in questi termini: ”Dipende da come la si guarda. si può considerare il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno”.

Al congresso, i parlamentari sono preoccupati sullo stato delle cose in Afghanistan, ma non sono d’accordo se l’amministrazione dovrebbe rivedere la sua politica, il che naturalmente include anche la questione dell’inizio del ritiro.

”Questo tipo di guerra è molto difficile”, dice il deputato democratico del Missouri Ike Skelton, presidente dell’House Armed Service Committee. Alla fine dei conti quel che importa è chi governa il Paese. Karzai è una sfida, ma occorre lavorare con quello che si ha”.

Chiaramente pessimista, invece, il punto di vista del deputato californiano Duncan Hunter, membro della commissione e da poco rientrato dall’Afghanistan dopo avervi prestato servizio per sette mesi come capitano di Marines nel 2007. ”I militari stanno facendo il loro dovere, che tra l’altro include estirpare le erbacce dal governo di Karzai”, dice, e aggiunge: ”Il fatto è che occorre tempo, e di tempo non ce n’è”.

L’opinione di Riedel, lo specialista della Brookings Institution è pragmatica. Egli rileva che l’amministrazione ha poche alternative valide al suo corso attuale. Inviare altre truppe è politicamente impossibile, mentre dichiarare vittoria e andarsene renderebbe gli Stati Uniti vulnerabili ad attacchi di Al Qaeda organizzati in un Afghanistan in mano ai talebani.

”Restare fermi dove si è non è una valida alternativa perchè prima o poi si sarebbe sconfitti”, dice Riedel, che aggiunge: ”Obama ha ereditato un disastro in Afghanistan ed ora si trova di fronte alle stesse pessime alternative di quando approdò alla presidenza nel 2008”.

Gestione cookie