ROMA – “Agenzia Nova” ha avuto l’occasione di recarsi in missione fra il 9 e il 13 aprile a Baku, in Azerbaigian, dove ha seguito le elezioni presidenziali, visitato diverse regioni del paese caucasico e incontrato alcuni esponenti politici e imprenditoriali locali.
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L’annunciata vittoria elettorale del capo dello Stato Ilham Aliyev tenutesi l’11 aprile consentirà al paese di mantenere una certa stabilità e continuare a lavorare per lo sviluppo dell’economia nazionale, in particolare attraverso importanti attività di diversificazione rispetto al settore oil and gas. Fra gli eventi più importanti che hanno caratterizzato la settimana di lavoro a Baku, spiccano gli incontri con alti esponenti dei ministeri degli Esteri e della Difesa e con il direttore del nuovo porto di Baku, oltre alle visite nella regione di Guba, un esempio di multiculturalismo dove è in corso un importante programma di sviluppo, e di Tartar, nei pressi della linea di contatto con l’Armenia, teatro da oltre vent’anni di uno degli ultimi conflitti ancora attivi in Europa.
Le priorità di politica estera e difesa dell’Azerbaigian
La politica estera e di difesa dell’Azerbaigian hanno una priorità costante: il conflitto del Nagorno-Karabakh, regione internazionalmente riconosciuta come parte del territorio azero occupata dall’Armenia. Questo “conflitto prolungato” per Baku si protrae praticamente dalle fasi appena successive alla riacquisizione dell’indipendenza dopo il crollo dell’Unione sovietica. Inoltre durante i briefing odierni, cui ha partecipato anche “Agenzia Nova”, organizzati dai ministeri degli Esteri e della Difesa emerge come il paese caucasico punti a intrattenere relazioni amichevoli con tutti i paesi vicini; sviluppare progetti transfrontalieri che possano generare beneficio all’intera regione e non solo; essere un attore attivo nelle attività internazionali volte a garantire la sicurezza globale.
Nel corso briefing con il portavoce del ministero degli Esteri Hikmat Hajiyev, è stato spiegato come al momento “non ci sono ancora progressi nel processo di soluzione del conflitto”, anche se l’auspicio è quello di riprendere i negoziati dopo le presidenziali. “In Armenia ci sono appena state le elezioni e ora si formerà un governo, e anche in Russia si è votato da poco”, ha spiegato Hajiyev secondo cui il passaggio della tornata elettorale è molto importante per garantire stabilità al paese e tornare al tavolo negoziale con maggiore legittimazione. Su un punto il diplomatico azerbaigiano non transige: “Per noi si tratta di un’occupazione territoriale e ogni accordo per noi ha come precondizione la rimozione delle truppe armene dal Nagorno-Karabakh”. Importante, durante il briefing, il riferimento all’Italia che l’alto esponente diplomatico ha definito “uno dei principali partner” dell’Azerbaigian, soprattutto a livello economico.
“Abbiamo un dialogo strategico nel settore energetico ma stiamo anche espandendo le aree di partnership a livello politico, economico, umanitario”, ha detto Hajiyev, secondo cui il rapporto positivo con l’Italia ha dei riflessi anche nelle relazioni con l’Europa. “A differenza di tutti gli altri paesi dell’Europa orientale noi non chiediamo assistenza finanziaria, da quel punto di vista siamo autosufficienti. Piuttosto offriamo sicurezza e sostegno nell’affrontare problemi come migrazione, terrorismo ed estremismi. L’Azerbaigian, quindi, è un partner naturale per l’Ue”, ha spiegato il portavoce del ministero.
Nel corso del briefing con Husein Mahmudov, capo del dipartimento per la cooperazione militare del ministero della Difesa azerbaigiano, è emerso invece l’ottimo rapporto che intercorre con la Nato. Il focus tuttavia resta quello relativo al Nagorno-Karabakh, anche se ovviamente rispetto all’approccio diplomatico del ministero degli Esteri, l’ufficiale azero lascia aperti degli spiragli anche al peggiore scenario possibile, quello di un conflitto militare che potrebbe iniziare sostanzialmente in qualsiasi momento a causa di diversi fattori di instabilità che coinvolgono l’intera area. “I conflitti prolungati sono la minaccia principale che mina la sicurezza della regione, non solo quello del Nagorno-Karabakh ma anche quelli che coinvolgo Abkhazia e Ossezia del Sud per quanto concerne la Georgia”, ha spiegato Mahmudov, secondo cui da questo problema prioritario ne sono emersi altri di vario genere: dal contrabbando alla corsa agli armamenti che ha coinvolto l’area caucasica e del Caspio.
Ilham Aliyev vince le presidenziali e punta a rafforzare ancora il paese
Le elezioni presidenziali azerbaigiane si sono concluse come previsto con una netta affermazione del capo dello Stato uscente, Ilham Aliyev, che stando ai risultati preliminari ha ottenuto l’86 per cento dei consensi. Come annunciato dal presidente della Commissione elettorale centrale (Cec) Mazahir Panahov ieri sera al termine di una lunghissima giornata, i risultati definitivi saranno probabilmente presentati oggi a causa dei ritardi nelle consegne delle schede elettorali da parte di alcuni seggi. Il dato infatti, si basa su 5.201 seggi su un totale di 5.641 e 3.723.278 schede elettorali scrutinate, ma visto il netto vantaggio di Aliyev sui sette rivali che gli contendevano il ruolo di presidente è difficile che vi siano particolari cambiamenti rispetto al risultato annunciato ieri sera. Il dato certo, invece, è quello relativo all’affluenza che all’ultima rilevazione delle 19 (le 17 in Italia) si è attestato al 74,5 per cento, un risultato confortante e che sembra confermare la volontà di partecipazione attiva dei cittadini al processo istituzionale nazionale.
Chiamato a intervenire dopo l’annuncio dei risultati preliminari dopo la chiusura delle urne, il presidente Aliyev ha ringraziato la popolazione che ancora una volta gli ha concesso la fiducia annunciando che nei suoi prossimi sette anni di mandato “l’Azerbaigian diventerà più forte”. Secondo Aliyev, l’unità fra il volere delle istituzioni e quello delle persone è al centro del progetto di sviluppo in corso nel paese caucasico. “In questa elezione il popolo dell’Azerbaigian ha votato per la stabilità, la sicurezza, lo sviluppo, la prosperità e ha apprezzato molto ciò che è stato fatto negli ultimi 15 anni. Abbiamo raggiunto questo successo insieme a voi”, ha detto il capo dello Stato, secondo cui “l’influenza internazionale dell’Azerbaigian sta crescendo” e oggi il paese “gode di grande rispetto e sostegno a livello internazionale. Siamo un partner affidabile, un paese da non sottovalutare, e siamo riusciti a rafforzare considerevolmente la nostra posizione internazionale”, ha affermato Aliyev.
ll nuovo porto di Baku, “l’hub degli hub” al centro del Mar Caspio
L’Azerbaigian è da sempre un crocevia di rotte commerciali che transitano fra Asia ed Europa e il nuovo porto di Baku può essere il centro di questo crocevia, diventando “un hub degli hub”. Così il direttore del porto di Baku Taleh Ziyadov ha descritto in un incontro con la stampa cui ha partecipato anche “Agenzia Nova” quello che è il più antico scalo marittimo nel Mar Caspio. Il nuovo porto della capitale azerbaigiana sarà situato ad Alat, a una 70na di chilometri di distanza dal centro urbano, e al completamento della prima fase del progetto – prevista per metà del 2018 – raggiungerà una capacità di gestione di circa 15 milioni di tonnellate di merci all’anno e 100 mila container che potranno essere trasbordati tra Cina, Asia Centrale ed Europa. La prima fase del porto è stata completamente finanziata dal governo, mentre nelle fasi due e tre si valutano anche finanziamenti stranieri e partnership pubblico-private.
Per diversi secoli, spiega Ziyadov, il porto di Baku è stato un collegamento fra est e ovest lungo l’antica Via della seta; ma anche fra nord e sud, favorendo i transiti commerciali e non solo fra il nord Europa e la Russia con il Medio Oriente e l’Asia meridionale. A differenza dei grandi porti marittimi del mondo, le importanti città commerciali dell’Eurasia centrale sono state storicamente hub di terra. Erano necessari mesi e persino anni perché gli antichi commercianti della Via della Seta viaggiassero tra l’Europa e l’Asia, e gli snodi dell’Eurasia centrale fungevano da importanti centri logistici e di distribuzione regionali. Ognuno di loro aveva un certo numero di caravanserragli, luoghi di ristoro dove si incontravano e mescolavano persone e culture. Questi centri erano collegati alle megalopoli regionali attraverso la vasta rete di corridoi della Via della seta che furono per secoli la fonte di prosperità per molte nazioni dell’Eurasia centrale.
Grazie anche all’Iniziativa Belt and road, maxi-progetto infrastrutturale cinese, ora l’area eurasiatica è pronta a riconquistare il suo ruolo storico di ponte commerciale tra est e ovest, nord e sud. L’Azerbaigian si trova al crocevia dei principali corridoi di trasporto aereo e terrestre eurasiatico, che potranno svolgere un ruolo vitale nello sviluppo a lungo termine del paese caucasico. Potenzialmente infatti, spiega Ziyadov, l’Azerbaigian potrebbe servire non solo come ponte commerciale tra l’Europa e l’Asia, ma anche come importante centro di distribuzione in Eurasia. L’Azerbaigian ha tutto ciò che serve per diventare uno dei principali snodi commerciali e di trasporto nella regione e facilitare la trasformazione dell’intera area.
La regione di Guba fra multiculturalismo e opportunità d’investimento
La regione azerbaigiana di Guba è un raro caso di tolleranza e convivenza civile fra vari tipi di popoli, culture e religioni. “Agenzia Nova” ha avuto la possibilità di visitare la regione. Guba, situata a nord di Baku, ospita diverse minoranze religiose, in particolare quella ebraica, che organizzano celebrazioni e festività cui tutti partecipano. Tanti investitori locali, a iniziare dal governo centrale azerbaigiano, e stranieri sostengono la crescita dell’area amministrativa. Durante l’incontro con le autorità locali, cui ha partecipato anche una delegazione della Knesset (il parlamento israeliano), è emerso come la popolazione di fede ebraica residente in Azerbaigian aderisca attivamente alla vita del paese caucasico. Guba inoltre è anche una regione con diversi progetti di sviluppo. L’obiettivo, spiegano le autorità locali, è renderla una delle principali attrazioni turistiche da visitare in Azerbaigian, sfruttando la vicinanza con la capitale Baku. Le opportunità, effettivamente, non mancano in particolare nei settori turistico e delle infrastrutture che, in quest’area specifica, sono particolarmente legati.
Stando ai dati forniti dall’istituto statistico azerbaigiano, diverse migliaia di turisti hanno visitato Guba dal 2007 provenienti da Turchia, Emirati Arabi Uniti, Iran e Russia, e costruendo nuove infrastrutture – in particolare ricettive, ma anche di trasporto – se ne potranno attirare ancora di più. La regione, in effetti, ha registrato un rapido progresso grazie a importanti programmi di costruzione. A circa una decina di chilometri dalla sede del governo regionale, inoltre, è presente lo Shahdag Mountain Resort, il principale stabilimento sciistico dell’Azerbaigian, che nel periodo invernale accoglie oltre un milione di visitatori. Per questo motivo il governo centrale sta lavorando alla realizzazione di un progetto ferroviario di collegamento diretto fra la capitale e il resort, con evidenti riflessi positivi anche per Guba. Questo progetto è ancora in fieri, mentre è in stato avanzato quello della nuova strada che collegherà Baku alla regione: si prevede che sarà pronta entro la fine del 2018 e che dimezzerà, portandolo a circa un’ora, il tempo di percorrenza del tragitto.
La vita oltre la guerra, l’esempio del distretto di Tartar
Il distretto azerbaigiano di Tartar, nei pressi della linea di contatto con l’area occupata dall’Armenia, è un esempio di come si può continuare a vivere anche in una zona di guerra. “Agenzia Nova” ha potuto visitare la regione nell’ultimo giorno di missione in Azerbaigian e ha avuto modo di incontrare le autorità locali, ma soprattutto la popolazione civile. Molte di queste persone vivono a meno di 200 metri dalla linea di contatto tra l’esercito dell’Azerbaigian e quello dell’Armenia, in zone al momento sicure dopo i gravi fatti dell’aprile del 2016, da molti osservatori definiti “la guerra dei quattro giorni” o “seconda guerra del Nagorno-Karabakh”.
Sicuramente si tratta della più pesante recrudescenza del conflitto dall’accordo di cessate il fuoco raggiunto a metà degli anni Novanta, dopo le operazioni militari che hanno portato all’occupazione della regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh e di altri 7 distretti dell’Azerbaigian da parte dell’esercito dell’Armenia, che ancora continua. Mustagim Mammadov, il capo esecutivo dell’amministrazione di Tartar, in quei giorni era già in carica e ricorda come un colpo di mortaio sia caduto a pochi metri dall’edificio che funge da sede all’amministrazione locale. “Sono stato nominato quattro anni fa dal presidente Ilham Aliyev”, spiega Mammadov, sottolineando che l’ufficio ora si trova a circa quattro chilometri dalla linea di contatto ma nel 2016, prima che l’Azerbaigian liberasse parte dei territori occupati nel corso della sopracitata recrudescenza del conflitto, la linea di contatto era molto più vicina. “La città dove ha sede l’amministrazione del distretto ora è sicura, ma in prossimità della linea di contatto dei cecchini armeni sparano ai nostri camion per mantenere alta la tensione”, ha spiegato. Il distretto, tuttavia, rappresenta quanto di più lontano ci possa essere da una zona di guerra. Nell’area c’è una florida attività agricola basata su alcuni elementi principali: il cotone; il tè; la camomilla; le fragole; e le ciliegie.
Si tratta di prodotti interamente biologici e le uniche fabbriche presenti nei dintorni si occupano della lavorazione. Il governo centrale di Baku dai fatti del 2016 ha investito molto per ripristinare la situazione alla normalità e gli effetti si vedono: “Nel 2017 abbiamo ricavato circa 6,1 milioni di dollari dal settore agricolo”, spiega Mammadov. La produttività agricola, oltre a essere una peculiarità del distretto, è una questione non banale visto che, secondo quanto riferito dalle autorità, dal lato armeno sono stati bloccati i corsi d’acqua e quindi è stato necessario costruire delle strumentazioni apposite per garantire l’irrigazione dei campi. Secondo quanto raccontato dal capo dell’amministrazione, “circa 130 mila persone vivono nel distretto di Tartar e il tasso demografico è in crescita”. Molto dipende anche dagli investimenti governativi per la ricostruzione dei villaggi distrutti durante il conflitto. Nel corso della visita è stato infatti possibile visitare il villaggio di Gapanli e altre aree molto più vicine alla linea di contatto.
Qui è visibile l’intervento del governo centrale che ha costruito in pochissimo tempo e praticamente dal nulla interi villaggi, con oltre alle abitazioni, scuole, asili, aree di pronto soccorso e persino un istituto musicale. Parlando con i residenti locali, la sensazione è che loro vogliano continuare a restare in questi luoghi, considerati la loro casa nonostante le tante difficoltà determinate dal vivere in un’area di guerra.