Ahmadinejad e Khamenei, i duellanti d’Iran. Arrestato il braccio destro del presidente, la posta in gioco

Pubblicato il 6 Maggio 2011 - 17:19 OLTRE 6 MESI FA

Ali Khamenei e Mahmoud Ahmadinejad

TEHRAN – Mahmoud Ahmadinejad e Ali Khamenei sono arrivati ormai alla fase finale: tra i duellanti d’Iran, uno è presidente e l’altro Guida Suprema la battaglia adesso si fa con gli arresti di alcuni pezzi grossi del regime.

Il consuocero del presidente e capo di gabinetto Esfandiar Rahim Mashaei è finito in manette , accusato di essere “un uomo con poteri speciali nel campo della matafisica e di avere legami con l’ignoto”. I sostenitori di Khamenei considerano Mashaei “il vero presidente del Paese oggi”.

Il pretesto degli arresti è tutto ‘spirituale’ e dovuto all’uscita di un documentario iraniano che sostiene l’imminente ritorno dell’imam Mahdi – il venerato salvatore dall’islam sciita, il cui ritorno è atteso dai credenti. La parte conservatrice iraniana, che non crede che il ritorno di Mahdi possa essere predetto, se l’è presa con i collaboratori di Ahmadinejad, in primis Mashaei.

In realtà questa è solo la motivazione ufficiale ma le frizioni sono tante tra gli ayatollah e l’establishment del presidente e sono dovute a problemi noti, alla lotta intestina tra i religiosi e i politici visto che Ahmadinejad sembra che voglia oscurare con la sua retorica il vero capo della Repubblica iraniana che è appunto la Guida Suprema.

Tempo fa Ahmadinejad aveva mandato a casa Heydar Moslehi, il ministro dell’Intelligence, appoggiato invece dai clerici e ancora, nonostante Khamenei lo abbia reintegrato, il presidente non ha ufficialmente accettato la decisione degli ayatollah.

La sfida è agli sgoccioli, Ahmadinejad è appena tornato a lavoro dopo 11 giorni di protesta per questa scelta. In realtà il presidente spera che Mashaei possa essere il suo successore per le elezioni del 2013, visto che secondo la legge iraniana lui non può presentarsi dopo due mandati consecutivi.

Nonostante la sua retorica antisionista che lo ha portato ripetutamente sulle prime pagine dei giornali, Ahmadinejad, a detta di molti analisti internazionali, è per una cauta apertura all’occidente, almeno a livello economico. Questa sua posizione, invece, è fortemente contrastata dai religiosi. Mashaei in particolare aveva espressamente detto che un’apertura agli Usa era possibile e forse auspicabile, ricorda per esempio David Ignatius sul Washington Post.

L’idea di un canale con Washington, sempre che sia plausibile visti i rumors sui viaggi del collaboratore del presidente, spaventa gli ayatollah e anzi c’è un gruppo additato come perverso e pazzo in Parlamento che a detta di Ali Larijani, vicino alla Guida Suprema, deve essere solo messo all’angolo.

In realtà Mashaei avrebbe voluto, secondo alcuni, mettere le mani proprio sul ministero dell’Intelligence e per questo Ahmadinejad avrebbe licenziato Moslehi. Peccato che l’ultima parola in Iran spetta sempre alla Guida Suprema che non ha alcuna intenzione di farsi fare la guerra da un presidente poco amato dal popolo, troppo conservatore rispetto al predecessore Khatami e forse poco capace sul piano economico e molto più preoccupato delle sue uscite internazionali.

Per ora tra Khamenei che spinge per l’impeachment e Ahmadinejad in difficoltà Teheran è in bilico e il rischio per i più battaglieri è che badando troppo alle divergenze si faccia il gioco del nemico.