Ambientalisti furiosi per il fiasco di Obama

Da Greenpeace ad Amici della Terra, dal Wwf a Oxfam e a Christian Aid la delusione è grande e viene un solo, unanime, grido: non c’é pietà nella condanna di chi ha confezionato un testo considerato persino peggiorativo rispetto al già imperfetto Protocollo di Kyoto.

Il più sarcastico, a caldo, è stato il direttore generale di Greenpeace Francia, Pascal Husting: “Se ci sarà un politico che avrà il coraggio di parlare di successo, vincerà la Palma d’Oro come bugiardo dell’anno”.

Husting mette direttamente sotto accusa anche il presidente Usa Barack Obama: “Non credo più nella favola di Obama brillante giocatore di scacchi. Questo è stato un fiasco totale”.

Quando i responsabili delle principali organizzazioni presenti a Copenaghen tengono una conferenza stampa congiunta sotto l’etichetta della rete ambientalista ‘Climate Action Network’ i giudizi diventano sferzanti. “Questo è un non-accordo, cotto da un gruppo di Paesi in una stanza chiusa”, dice Kim Carstensen, segretario generale del Wwf International, che mette sotto accusa la Danimarca: “Questo processo non è chiuso. Spero che il Messico lavorerà meglio per fare da ponte tra Nord e Sud del mondo di quanto non siano stati capaci di fare i danesi”.

Antonio Hill, inviato per il clima di Oxfam, guarda già alle possibili reazioni della gente, evocate anche da Husting: “Questo non andrebbe chiamato accordo. Qualunque cosa sia, di certo diffonde rabbia nel mondo”.

Il keniamo Mohammed Adow sente sulla pelle il peso della tragedia del fallimento della politica. “Doveva essere un processo democratico, fatto dalle Nazioni Unite: qui siamo di fronte al pezzo di carta scritto da un club esclusivo per i suoi interessi. Io vengo dal Nord Est del Kenya, dove la gente soffre la fame e la sete, perché non piove più. I paesi ricchi non sono stati capaci di fare un accordo che desse sicurezza al mondo. Il risultato saranno milioni di morti. Saranno questi numeri a dare la misura del fallimento”.

Il sudafricano Kumi Naidoo, nuovo direttore generale di Greenpeace, parla apertamente di tradimento e razzismo: “Questo testo significa condannare gli abitanti delle piccole isole. Cosa sarebbe successo se gli effetti della catastrofe fossero toccati a Manhattan, Parigi o Berlino? Si rimanda, non c’é senso di urgenza: perché chi subirà le conseguenze è povero, non è una potenza militare o solo perché ha un diverso colore della pelle”.

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