Negoziati “diretti” in Medio Oriente? L’Anp: “Solo se Israele congela le colonie”

Abu Mazen

Se Israele congela gli insediamenti, l’Autorità nazionale palestinese (Anp) è  disposta a tornare a un tavolo di negoziato diretto. Durante un incontro a Washington il presidente americano Barack Obama aveva lanciato l’idea davanti al premier israeliano Benyamin Netanyahu.

In una intervista radiofonica, il capo negoziatore dell’Anp, Saeb Erekat, accusando lo stesso Netanyahu di aver finora bloccato questa prospettiva. ”Il mondo intero e l’amministrazione Usa sanno che a bloccare i negoziati diretti e’ Netanyahu”, ha tagliato corto Erekat. ”Noi vorremmo sinceramente avviarli, ma finora Netanyahu ci ha chiuso le porte in faccia: deve decidere se vuole le colonie o i negoziati, non può avere entrambi”, ha incalzato.

”Nello stesso minuto in cui (il premier israeliano) annuncerà il congelamento degli insediamenti e il ritorno alla bozza tracciata nel dicembre del 2008 (quale piattaforma della trattativa), noi torneremo ai colloqui diretti”, ha concluso l’esponente palestinese. Concetti identici sono stati espressi da Addis Abeba dal presidente dell’Anp, Abu Mazen (Mahmud Abbas), secondo il quale il governo israeliano deve dare garanzie concrete sulla questione ”dei confini (del futuro Stato palestinese) e della sicurezza” nell’ambito degli attuali colloqui indiretti (proximity talks) mediati dagli Usa se vuole davvero rilanciare il processo di pace con trattative faccia a faccia.

L’Anp richiama i confini precedenti alla guerra dei Sei Giorni del 1967 come la base di partenza di un negoziato realistico. E considera quindi illegittimi, in generale, gli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a Gerusalemme est (settore a maggioranza araba della Città Santa, la cui annessione a Israele non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale): insediamenti allargatisi in questi decenni fino a comprendere complessivamente oltre 500.000 persone.

Gestione cookie