Caso Battisti, lo storico Lazar: “Il Brasile di Lula si crede la Francia di Mitterand”

Pubblicato il 31 Dicembre 2010 - 12:09 OLTRE 6 MESI FA

Cesare Battisti

“Il Brasile di Lula si è convinto di essere un po’ come la Francia di Mitterrand nell’81”. In un’intervista alla Stampa Marc Lazar, professore all’istituto di studi politici di Parigi,commenta così il caso Battisti.

Sull’ampio favore di cui gode l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo in Francia, Lazar spiega: “È vero che il caso Battisti ha infiammato parte del mondo dell’intelligenza parigina più di altri casi precedenti, penso a quello della brigatista Petrella, o del Br Paolo Persichetti. È accaduto con motivazioni diverse, direi di tre tipi. Alcuni intellettuali – rappresentati dalla figura di una grande scrittrice, Fred Vargas – sono convinti in buona fede che il caso Battisti sia un nuovo caso Dreyfus, il caso di un uomo ingiustamente perseguitato. C’è poi una seconda area – diciamo guidata da Bernard Henry Lévy – che non entra nel merito della colpevolezza di Battisti, si limita a proporre un’interpretazione estensiva della dottrina Mitterrand, che amplia il diritto d’asilo a tutti gli ex terroristi. Infine una terza schiera di scrittori ha l’idea che negli anni settanta in Italia ci fosse una guerra civile, e Battisti fa parte di una lunga fila di vittime di questa guerra. È l’idea che sostiene, per esempio, Philippe Sollers. Io aggiungerei che la forza di Battisti, per certa opinione pubblica francese, è stata diventare uno scrittore. Lui non è più un terrorista o assassino, è uno scrittore perseguitato. E in Francia, si sa, non si tocca uno scrittore. La Francia ama specchiarsi in se stessa, ripetersi che la Francia non condanna Voltaire”.

Ma Battisti non è Voltaire, eppure l’Italia degli anni di piombo resta, agli occhi della Francia, idealizzata… “In Francia la storia dell’Italia anni sessanta e settanta è stata raccontata con gli occhi dei vinti, fossero Toni Negri, Oreste Scalzone o gli ex brigatisti. S’è diffusa questa idea che la violenza fosse legittima, che lo stato era fascista. Nulla di più falso. Esistevano le bombe, certo, le stragi, piazza Fontana, ma si dimentica l’ideologia di gruppi come i Pac, che cercavamo esplicitamente la lotta armata. Però in Francia mi colpisce anche altro: si continua a non vedere che in Italia è esistita una sinistra – penso al Pci, innanzitutto – che combatté il terrorismo; è questo l’altro misunderstanding. Io posso anche capire che intellettuali assai radicalizzati di quegli anni – Gilles Deleuze, o Guattari – avessero queste idee sull’Italia. Ma non mi spiego come ce le abbia oggi quel che resta del Pcf, o il grosso del partito socialista”.

Eppure il Brasile di Lula sembra più innamorato di Battisti di quanto non sia la stessa Francia. “Qualunque sarà la decisione su Battisti, il Brasile di oggi, per la sinistra mondiale, è diventato il modello di una sinistra inventiva, alla Lula, alla Tarso Genro… Il Brasile di Lula si vede come la Francia di Mitterrand. Ma c’è anche un elemento di Realpolitik: quel sistema non prevede l’ergastolo, elemento sottolineato dagli avvocati di Battisti per chiedere che non fosse estradato. È per questo che, io penso aiutato da una parte degli apparati francesi, Battisti ha scelto di andare lì”.

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