Bolivia, prima lo votarono ora lo contestano: gli indios contro Morales

LA PAZ – I problemi di Evo Morales sono legati al modo in cui sta gestendo l’economia. Gli “originarios”, o gli indigeni, che hanno permesso la rielezione del loro simile a presidente della Bolivia un anno fa con il 64% dei voti adesso stanno manifestando il dissenso che i suoi detrattori vanno dicendo da tanto tempo: Morales ha pasticciato con l’economia, ha allontanato gli investimenti esteri e si è fidato di compagni politici piuttosto che tecnici.

“Il presidente pensava che indossando i poncho e le polleras (le gonne a strati che usano le donne boliviane) al consiglio dei ministri, il paese sarebbe stato gestito meglio, ma non è cosi”, ha detto Jimena Mendoza, 40 anni, mentre faceva la fila per prendere lo zucchero ad un negozio gestito dallo stato. In un sondaggio Ipsos pubblicato di recente, l’indice di gradimento di Morales è crollato al 36%, il minimo dopo cinque anni al potere. La caduta ha seguito il tentativo di Morales di aumentare le sovvenzioni sulla benzina, lo zucchero e la farina prima di Natale. Come risposta, i manifestanti si sono riversati nelle strade, lanciando sassi alle sedi di sindacati vicini al governo e attizzando fuochi per le strade con i suoi ritratti.

Morales ha fatto un passo indietro: l’aumento del 78% del prezzo della benzina era semplicemente insostenibile. Ma i danni erano già stati fatti, come dimostrato dal sondaggio condotto su 1,080 persone in quattro città diverse dal 6 all’11 gennaio e con un margine di errore del 3%. L’epicentro della protesta era El Alto, la comunità sempre in fermento vicino alla capitale La Paz dove finiscono i poveri migranti delle campagne. Nel 2003, El Alto è stato l’epicentro di una protesta popolare che rovesciò l’allora Presidente Gonzalo Sanchez de Lozada dopo che le truppe avevano ucciso almeno 63 persone. Quei disordini ebbero luogo in seguito al timore che il governo stesse svendendo il gas naturale Boliviano agli Stati Uniti ed al Cile.

Morales adesso sta chiedendo ad un popolo il cui reddito pro capite è di 1,700 dollari l’anno di assorbire (da un giorno all’altro) un notevole aumento dei prezzi della benzina, dello zucchero e della farina. Morales si è scusato, ma un paio di teste sono saltate. Ha cambiato tre dei suoi 20 ministri lo scorso fine settimana.

Quello che resta del suo governo è in gran parte quello con cui ha cominciato: dei leali rappresentanti dell’elettorato comprese le confederazioni dei lavoratori e degli indigeni. “Sono stato onesto con le persone e non mi importa della mia popolarità ma piuttosto di occuparmi degli interessi del paese”, ha detto ai giornalisti. Ha anche annunciato una nuova strategia: rimuoverà i sussidi, ma gradualmente.

Il 15 gennaio, Morales ha innalzato il prezzo dello zucchero del 23%, alimentando timori inflazionistici in un paese che è stato devastato da un elevato tasso d’inflazione negli anni ’80. I boliviani vogliono sapere come mai un paese di 10 milioni di abitanti non riesce a sfamare il suo popolo nonostante i vasti terreni arabili. “Ci sentiamo defraudati. Com’è possibile che non si trova lo zucchero in un paese con quattro stabilimenti?”, ha detto il pensionato Hugo Salvatierra a Erbol Radio nella città pianeggiante di Santa Cruz. Ha detto che ha fatto la fila per tre ore per comprare 4 chili di zucchero. Una siccità ha colpito la produzione di zucchero l’anno scorso.

Il governo ha poi proibito le esportazioni, stimolando il fiorire di un nuovo mercato nero. Adesso dice che dovranno cominciare ad importare mangime per galline, e gli economisti dicono aumenterà il prezzo dei polli. La fiducia nei confronti di Morales si è sgretolata talmente tanto che una protesta avvenuta al paese minerario di Llallagua, un paese a forte maggioranza di indigeni Quechua nella zona montagnosa nel sud del paese, si è trasformata in un saccheggio non solo di cibo ma anche di televisori e computer.

L’editorialista Maria Teresa Zegada ha scritto nel giornale di La Paz “Razon” che il governo di Morales  è un governo clientelare incapace di progettazione nel medio e lungo termine. E Andreas Soliz, il primo ministro degli idrocarburi del governo Morales, ha accusato il suo ex superiore di aver svuotato il suo inventario di riforme decise e radicali, cominciate nel 2006 ed invece Morales riscrisse le regole in modo che la Bolivia mantenesse la quota di maggioranza delle royalty sui minerali e sui gas. I critici dicono che questa mossa ha allontanato gli investimenti esteri. Allo stesso modo, Morales ha aumentato i sussidi governativi.

Il contrabbando della benzina e del diesel dal vicino Perù (dove costano il doppio) è fuori controllo. I sussidi governativi per la benzina hanno toccato quota 660 milioni di dollari l’anno scorso rispetto ai 108 milioni del 2005 (cifra uguale a un terzo degli introiti dovuti all’esportazione di gas).

Lo storico Carlos Mesa, uno dei quattro presidenti che la Bolivia ha visto passare dal 2001 al 2005, dice che Morales è ostaggio di quegli stessi movimenti sociali che grazie alle violenze di strada lo avevano portato al potere. “I ‘gasolinazo’ (le proteste di Dicembre per l’aumento del prezzo della benzina) dimostrano che la governabilità non c’è mai stata”, ha detto Mesa in una rubrica.

L’incremento dei prezzi delle materie prime di cui la Bolivia ha beneficiato durante i primi tre anni di presidenza di Morales (nel 2008 ci fu un aumento del 6% del pil) sta cominciando a svanire. Il boom dell’industria mineraria boliviana e la ‘nazionalizzazione’ del gas naturale in quegli anni ha aiutato a ridurre una povertà molto diffusa ed incrementato le esportazioni su base annua da 1 miliardo a 6 miliardi di dollari.

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