Brasile e Argentina, il derby dell’import-export. Relazioni commerciali ai ferri corti

I due maggiori Paesi che compongono il mercato comune sudamericano (Mercosur), Brasile e Argentina, sono ormai ai ferri corti nelle relazioni commerciali: dopo anni di restrizioni argentine alle importazioni brasiliane, il governo di Brasilia ha deciso di bloccare alle frontiere numerosi prodotti argentini.

I governi guidati uno dopo l’altro dai Kirchner invocano da anni la sproporzione tra l’economia brasiliana e quella argentina come giustificazione per imporre forti tassazioni o restrizioni di quantità ai prodotti brasiliani che inondano il mercato argentino. Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha sempre imposto al proprio governo una certa tolleranza, nonostante le proteste degli industriali e degli esportatori brasiliani, in nome delle difficoltà economiche del vicino e «per il bene del Mercosur».

Nei giorni scorsi però il governo di Cristina Kirchner ha aggiunto altri 50 prodotti brasiliani alla già estesa lista di 357 prodotti con restrizioni (ingresso non automatico e necessità di ottenere di permessi vari), che ha fatto retrocedere le esportazioni brasiliane al secondo posto (dietro quelle cinesi) con un calo del 36% rispetto a tre anni fa. A questo punto è scattata la reazione brasiliana, che ha imposto le stesse limitazioni a 15 prodotti argentini, bloccando alle frontiere centinaia di camion carichi di prodotti argentini.

La reazione è stata immediata: il governo Kirchner ha convocato l’ambasciatore brasiliano a Buenos Aires, Mauro Vieira, e ha stigmatizzato la «ritorsione sproporzionata» di Brasilia. Miguel Jorge, ministro dell’Industria brasiliano, ha replicato: «Se fosse ritorsione proporzionale, dovremmo bloccare altri 392 prodotti argentini. È solo un inasprimento della nostra posizione, perché se vogliono aver accesso al mercato brasiliano devono riaprire il loro».

Tutto sembra portare ad una vera e propria guerra commerciale, in barba al trattato di libero scambio che è il Mercosur.

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