Nel caso della mancata estradizione in Italia dell’ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo) Cesare Battisti un po’ tutti ci stanno perdendo la faccia. L’ultimo, ma solo in ordine di tempo, il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, che ha smentito oggi (5 gennaio) quel che ha affermato ieri alla tv brasiliana: “Salta l’accordo militare”.
Andando per ordine. La primogenitura della battaglia pseudo-dreyfusarda pro-Battisti va attribuita a quelle 2500 firme italiane in calce a un appello del 2004 contro “il delitto di arrestarlo” (vedere Sergio Carli su Blitz), ben prima di un Lula o di una Carla Bruni (a cui arriveremo). Subito dopo vengono i francesi e la loro “ignoranza militante” che come stigmatizza Barbara Spinelli nel suo editoriale su Repubblica, disprezzano l’Italia, non conoscono la sua magistratura, il dramma e le infamie del terrorismo. Ai vari intellettuali impegnati come Levy, Vargas, Sollers è bastato che Battisti divenisse scrittore di gialli per offrirgli una patente d’impunità.
Per quanto riguarda il Brasile: va bene che la nuova classe dirigente stretta intorno a Lula ha combattuto, anche in clandestinità, un regime autoritario e fascista, ma di qui a considerare le carceri italiane un inferno al cospetto di quelle brasiliane, appare francamente offensivo.
In Italia abbiamo visto di peggio: ministri che invocavano boicottaggi (La Russa), manifestazioni “lottizzate”, un presidente del Consiglio reticente. La destra ha cavalcato ovviamente la giusta indignazione e rabbia dei familiari delle vittime del terrorismo. Uscire definitivamente dagli anni di piombo? Un posto all’Atac, direbbe Alemanno.
L’ultima tegola sulla reputazione dei soggetti coinvolti (già detto di Frattini) riguarda la premiere dame Carla Bruni. Bruno Berardi, figlio di un maresciallo ucciso dalle Br e presidente dell’Associazione familiari vittime del terrorismo, ha rivelato quello che doveva rimanere un segreto condiviso con la signora Sarkozy: “Fu lei a telefonare a Lula facendo pressioni perché il Brasile non lo estradasse in Italia”. Un po’ si sapeva, in quei giorni il marito pescava consensi anche a sinistra, solleticando i desideri dei salotti gauchiste. Ma che proprio Carla Bruni abbia speso la sua influenza a favore di un terrorista (un criminale convertito alla lotta armata) fa un po’ specie. Non è la stessa Carla Bruni figlia dell’industriale di Torino Alberto che negli anni ’70 (cioè all’epoca delle imprese dei terroristi rossi) per paura dei rapimenti vendette la fabbrica, spostò la famiglia a Parigi e si dedicò alla musica classica? Insomma il cerchio si chiude: la parabola emblematica di una signora della sinistra caviar che dà ragione anche ai più faziosi denigratori di ogni possibile progressismo. E’ importante notare che l’incontro con Berardi avvenne per discutere del caso di Marina Petrella,terrorista rossa contumace in Francia ma in condizioni di salute così gravi da sconsigliarne l’estradizione in Italia. Ragioni umanitarie, quindi. Cosa c’entrava uno come Battisti, assassino a piede libero?
Il caso Battisti rimarrà una brutta pagina di opportunismo e ignoranza, di presunzione e stupidità. Quando verrà dimenticato dai posteri e non avrà trovato nemmeno uno strapuntino nei manuali di storia si ricomincerà a parlare di Cesare Battisti come di quell’irredentista e socialista trentino che fu fucilato dagli austriaci per aver combattuto dalla parte dell’Italia nella Prima guerra mondiale. Un vero rivoluzionario. O lo avevamo dimenticato?
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