Cina. Brilla la stella del populista Bo Xilai, nemico delle Triadi e nostalgico di Mao

Bo Xilai

Bo Xilai, il segretario del partito comunista di Chongquing, sembra non preoccuparsi più di tanto del fatto che nel 2012 la più grande organizzazione politica del mondo rinnoverà i suoi vertici, il che significa i vertici della Cina. Xi Jimping dovrebbe succedere a Hu Jintao, Li Keqiang a Wen Jaobao. Ed è a quella data che sotto sotto guarda anche Bo.

Bo, 60 anni, ha uno sile che pochi possiedono o si possono permettere. Impone la sua agenda alla pubblica opinione, che tira dalla sua parte. E’ figlio d’arte, un ”principe rosso”. Il padre, Bo Yibao, era entrato nel comitato centrale nel 1945 e con la Repubblica Popolare diventò vicepremier sotto Zhou Enlai. Le gesta di Bo Xilai sembrano indicare una rincorsa al potere che si dà regole diverse dalla cauta navigazione in uso nei meandri del potere pechinese.

Essere segretario del partito a Chongquing significa essere il numero uno della più sconosciuta tra le megalopoli del mondo, 28 milioni di abitanti per 82 mila chilometri quadrati. Durante la guerra fu capitale della Cina nazionalista, dal 1997 è una municipalità, città-provincia come Pechino, Shanghai e Tianjin. E l’unica nell’entroterra. Ovvero il motore della marcia verso ovest che vuole portare lo sviluppo dalle coste all’interno. Nel 2009 il suo Pil è cresciuto del 14,9%, risultato che – anche a netto di eventuali arrotondamenti cosmetici – sminuisce l’8,7% nazionale.

Sull’opinione pubblica ha avuto anche più impatto la massiccia campagna di Bo contro le gang crminali che ha portato in carcere oltre 3.300 persone. ”Il 95% della gente è con me”, dice. I giornali gli sono andati dietro, ben oltre la sua Chongquing. E’ da Pechino, invece, che nei mesi scorsi sono venuti strani silenzi. Rari apprezzamenti, e mai dai “top” leader. Il populismo interventista e vistoso di Bo suscita perplessità e minaccia equilibri delicati.

Bo è stato ministro del Commercio dal 2004 al 2007: gli esegeti si sono divisi tra chi riteneva il suo spostamento a Chongquing una bocciatura e chi la premessa per un ritorno in grande stile. Lui pare intrpretarlo nel secondo modo. Ignorando chi stigmatizza l’attitudine festaiola del figlio studente a Oxford e creandosi intorno uno stile che sfuna in un abbozzo di culto della personalità.

Alla bisogna funziona benissimo il sapiente ritorno alla ”cultura rossa” di sapore maoista. Bo organizza cori specializzati in brani patriottici, canta lui stesso inni rivoluzionari, fa mandare sms con perle di saggezza marxista-leninista, raccomanda la lettura dei classici. ”La gente – spiega – ha bisogno di forza interiore, di vitalità e creatività. Non si combina nulla con uno spirito depresso”. Il 2012 non è lontano, la stella rossa di Bo oggi brilla a Chongquing. Ma c’è da scommettere che lui guarda a Pechino

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