Consumi, debito, occupazione: 2011, l’anno delle lenticchie. Ma l’Italia rifiuta il piatto

di Sergio Carli
Pubblicato il 28 Dicembre 2010 - 17:28| Aggiornato il 29 Dicembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

“Unomattina”, la trasmissione-contenitore che va in onda al mattino su Rai1, ha avuto un’intuizione. Intuizione felice anche se probabilmente inconsapevole di quanto lo sia davvero, intuizione ricca di significato anche se povera di originalità: le lenticchie come simbolo dell’anno che verrà. Un 2011 nel segno delle lenticchie, non quelle che portano soldi come vuole il banale auspicio augurale, l’auspicio-promessa che sempre ci si scambia nella cena di mezzanotte e che praticamente mai diventa promessa mantenuta. No, non “quelle” lenticchie, ma le lenticchie al posto e invece dei soldi. Perché sarà davvero un anno, un altro anno di “lenticchie”.

Nel mese di dicembre l’indice che misura la fiducia dei consumatori americani, fiducia nella loro capacità di acquisire e spendere reddito, è calato da quota 54,3 a quota 52,5. E questo nonostante i tagli alle tasse e la proroga dei sussidi di disoccupazione voluti e votati dal Congresso e da Obama. Nonostante centinaia di miliardi di dollari di denaro “fresco” in arrivo nelle tasche degli americani, gli americani non hanno “fiducia”, voglia e soldi da spendere. Perché? Perché nel 2011 l’economia americana si muoverà intorno al due per cento di aumento della ricchezza nazionale prodotta, non basta neanche un po’ a riassorbire una disoccupazione al dieci per cento nè a limare il debito privato di milioni di famiglie americane. Nell’ultima settimana la Banca Centrale Europea ha comparto titoli di Stato di paesi europei per un miliardo e cento milioni di euro, aveva previsto di farlo per seicento milioni. Il raddoppio della quantità di acquisto è la misura di quanto sia diffuso il timore che i debiti pubblici europei siano più forti della capacità dei governi europei di risanare i bilanci. La Bce compra per tenere relativamente bassi i tassi di interesse e per impedire crollino le quotazioni dei titoli. Ma deve “raddoppiare” lo sforzo e gli acquisti e sempre più si diffonde, silenziosa e nascosta ma non invisibile, l’idea che il “ripiano” dei debiti più prima che poi sarà affidato alla leva fiscale, cioè alle tasse, e all’inflazione. Il Pil europeo nel 2011 viaggerà più lento di quello statunitense, non basta per accantonare risorse per fermare l’espansione del debito, figurarsi ripagarne quote. Anno di “lenticchie” quindi: la crisi prima finanziaria nel 2008 e poi economica nel 2009 e 2010 sta assumendo la sua terza forma, quella sociale. La quarta sarà crisi sociale e politica in tutto l’Occidente. Non è finita, anzi “muta”, come un virus che si fa ad ogni mutazione più aggressivo e dannoso. Anno di “lenticchie” soprattutto per l’occupazione, e per il risparmio e per i consumi.

In Italia il governo dice che saranno lenticchie e cotechino…e pietanze assortite. Anzi si racconta di Berlusconi impegnato a chiedere a Tremonti di ricominciare a spendere per allargare consenso e maggioranza di governo. Un Berlusconi quindi che sembra saperne e volerne sapere meno di quelli di “Unomattina”. Ma il premier non è l’unico distratto o immemore. Con lui distratti e immemori, diciamo pure con la classica fetta di prosciutto sugli occhi, sfilano negli ultimi giorni dell’anno prima dell’anno delle “lenticchie” i sindacati, le associazioni dei consumatori e anche giornali e telegiornali. Tutti insieme in queste ore stanno clamorosamente riscoprendo che c’è, è stata votata niente meno che una legge finanziaria. Ed ecco la Cigl che calcola e annuncia: 1600 euro in meno ai dipendenti pubblici. Attenzione: 1600 euro di mancati incrementi di stipendio se non ci fosse stata la finanziaria, non 1600 euro tolti dalle buste paga ma 1600 euro in più che non arriveranno nei prossimi tre anni. Era tutto scritto mesi fa nella finanziaria, in tutto il resto d’Europa il mancato incremento è molto più alto, altrove diminuiscono di centinaia di migliaia i posti nel pubblico impiego. Ma i sindacati e l’Italia dimenticano volentieri che una legge finanziaria c’è stata, calcolano aspettative e mancati guadagni come se legge e crisi fossero parole e pezzi di carta, possibilmente straccia. E le associazioni dei consumatori fanno anche loro il loro bravo calcolo: 1016 euro di maggior spese a famiglia per i rincari delle tariffe. Assicurazioni, banche, carburanti…Tutto vero, tutto faticoso e forse peggio per i bilanci familiari. Ma tutto già noto e scritto nei connotati della crisi, connotati resi ancora più brutti a viversi in Italia dal permanere di “garanzie” e “protezioni”. Freschi di giornata i milioni di euro di sgravi concessi ai benzinai, benzinai che, complici i governi locali, hanno aperto altre duemila punti di distribuzione. Ne abbiamo più di ogni altro paese europeo ma aumentano, aumentando i costi di distribuzione e commercializzazione dei carburanti. Protezione per le banche, le assicurazioni, gli avvocati che si sono garantiti l’esclusiva obbligatoria perfino negli arbitrati giudiziari extra tribunale, in modo che questa sia una riforma senza risparmio di costi.

Piangono i dipendenti pubblici, lamentano le associazioni dei consumatori, ogni categoria-corporazione pretende di essere “vaccinata” contro la crisi e fieramente vuole che l’anno delle lenticchie riguardi il vicino di tavola. Un paese economicamente, socialmente e psicologicamente schizofrenico. Che plaude al taglio del 10 per cento agli stipendi pubblici sopra i 150mila euro annui (5 per cento sopra i 90mila). Ma non applaude più quando quel taglio riguarda il “suo” ministero o ufficio. Il taglio era scritto in finanziaria, lodevolmente il Quirinale lo applica: bravo Napolitano. Ma che non ci sia “un Napolitano a casa mia”. Un paese ricchissimo, seduto su una montagna di ricchezza, diecimila miliardi di euro di patrimoni privati come ha contato Bankitalia, ma che non produce più ricchezza. Che drammaticamente si mangia la ricchezza “vecchia” accumulata a mucchi, ma che esige di continuare a mangiarsi anche la ricchezza nuova che non c’è. Non vuole “lenticchie” l’Italia e, quando il mondo, la realtà, la crisi, l’economia, il governo, qualunque governo, l’Europa, il debito, i fatti, la moneta, la storia le “lenticchie” gliele mettono in tavola, allora un paese che sbuffa, strilla, lacrima, recalcitra e fa di conto. Conta come se la crisi fosse polvere e bruscolini e come se le lenticchie americane ed europee fossero solo una decorazione di “Unomattina”.