Crazytown. Trump un bambino di quinta elementare

Crazytown. Trump un bambino di quinta elementare
Crazytown. Trump un bambino di quinta elementare

ROMA – Un “idiota”, uno “squilibrato”, un “bugiardo professionale”, un presidente che agisce e ha la comprensione di “un alunno di quinta elementare”. E’ quello che pensano di Donald Trump alcuni dei suoi ex o attuali stretti collaboratori, impegnati nella “Crazytown” della Casa Bianca ad evitare danni irreparabili alla sicurezza nazionale con una sorta di strisciante “colpo di stato amministrativo”.

E’ la fotografia della West Wing di “Fear: Trump in the White House”, il nuovo libro di Bob Woodward, il leggendario reporter due volte premio Pulitzer che insieme a Carl Bernstein rivelò i retroscena dello scandalo Watergate. Un’opera che mette nuovamente in imbarazzo il tycoon, dopo “Fury and fire” (Furia e fuoco) del giornalista Michael Wolff e “Unhinged” (Squilibrato) dell’ex consigliera presidenziale Omarosa Manigault Newman.

Sarà più difficile però questa volta screditare un autore così famoso ed autorevole, che per scrivere questo libro ha raccolto centinaia di ore di interviste con testimoni di prima mano, stilato diari personali, esaminato documenti governativi. Il volume (448 pagine, editore Simon & Schuster), uscirà l’11 settembre, ma alcune anticipazioni sono state diffuse dal Washington Post, di cui Woodward è ancora una delle firme di punta. Uno dei temi centrali del libro sono le furtive macchinazioni usate dall’inner circle del presidente per tentare di controllare i suoi impulsi e prevenire disastri, sia per lui che per il Paese.

Woodward descrive una sorta di “colpo di stato amministrativo” e un “esaurimento nervoso” dell’amministrazione, con i consiglieri più importanti impegnati a cospirare per strappare documenti ufficiali dal tavolo di Trump, in modo che non li veda o non li firmi. Insomma, un presidente sotto tutela. Come quando l’ex consigliere economico Gary Cohn gli tolse dalla scrivania le carte per uscire dal Nafta e dall’accordo commerciale con la Corea del sud per proteggere la sicurezza nazionale e il tycoon non se ne accorse.

O quando il commander in chief chiamò il capo del Pentagono dopo un attacco chimico di Assad contro i civili chiedendo che il leader siriano fosse ucciso e Jim Mattis gli diede ragione ma si guardò bene dal farlo, proponendo alla fine un più convenzionale attacco missilistico. Mattis avrebbe inoltre detto ai suoi collaboratori che il presidente agisce e ha la comprensione di un “alunno di quinta elementare o prima media”.

Il chief of staff John Kelly avrebbe invece confessato ai colleghi di pensare che il tycoon è “squilibrato” e, in una occasione, che è un “idiota: è inutile tentare di convincerlo di qualsiasi cosa. E’ andato fuori controllo. Siamo in Crazytown… Questo è il peggior lavoro che abbia mai avuto”. Trump fu pressato dai consiglieri per condannare i suprematisti bianchi dopo le violenze a Charlottesville dopo aver detto che la colpa era anche dei contestatori, ma quasi subito si penti’: “E stato il più grande errore che abbia fatto” si sfogò.

Vari i dettagli anche sul Russiagate, come quando Trump perse le staffe mentre uno dei suoi avvocati lo stava preparando, simulando un interrogatorio per fargli capire il rischio di uno spergiuro: “Non voglio testimoniare”, si arrese dopo 30 minuti. Non mancano le sprezzanti derisioni e imitazioni di nemici e collaboratori: da John McCain al suo ex chief of staff Reince Preibus (“un piccolo ratto”), dal suo ex consigliere per la sicurezza nazionale H.R. McMaster (veste abiti economici “come un venditore di birra”). Sino al suo ministro della giustizia Jeff Sessions (un “traditore”, “mentalmente ritardato”, uno “stupido meridionale”), che ha attaccato nuovamente ieri per l’incriminazione di due candidati repubblicani alla vigilia di Midterm, con una pericolosa interferenza sul potere giudiziario.

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