Gli hackers cinesi penetrati in quasi tutti i punti nevralgici di Washington

WASHINGTON, STATI UNITI – La lista dei bersagli a Washington e’ lunga e comprende uffici del Congresso, agenzie federali, ambasciate, studi legali, mass media, e mettendo insieme i ‘punti colpiti’viene fuori quella che il Washington Post definisce la mappa del potere in possesso degli hacker cinesi, che sono al lavoro non solo per carpire segreti industriali, ma anche per impadronirsi di quelli politici.

Lo affermano diversi esperti; mentre ogni giorno sempre piu’ grandi aziende – superando l’imbarazzo e i timori di negative ricadute economiche – vengono allo scoperto denunciando pubblicamente violazioni ai loro sistemi informatici.

Giornalisti, avvocati, attivisti per i diritti umani, membri di prestigiosi think tank hanno accesso ai protagonisti della vita politica e le loro comunicazioni possono potenzialmente offrire una chiave per capire ‘come funziona’ Washington. ”Si tratta di una sofisticata raccolta di informazioni di intelligence per disegnare la rete dei rapporti delle persone di potere, sia nel Congresso che nei settori esecutivi”, dice Dan Blumnethal, direttore del settore Asia nell’American Enterprise Institute, a sua volta vittima di cyberspie. L’interesse e’ apprendere ”come il governo assume le decisioni”.

L’unica questione, affermano diversi esperti di cyberspionaggio citati dal Post, e’ capire se i cinesi hanno risorse analitiche adeguate per gestire ed esaminare l’enorme mole di dati che rubano ogni giorno. Nei giorni scorsi un’azienda americana di sicurezza informatica ha diffuso un dossier in cui si dimostrerebbe, attraverso numerosi dati, che oltre 100 attacchi ad aziende in tutto il mondo, e in particolare negli Usa, sono partiti da un palazzo di Shanghai, nel quale risiederebbe l’Unita’ 61398 dell’esercito cinese.

Uno spionaggio apparentemente diverso da quello nelle stanze del potere, compiuto ai danni di obiettivi economici piu’ tradizionali, che puo’ rivelarsi molto utile per i cinesi nel campo della competizione industriale e militare. In campo in cui gli hacker cinesi sono stati particolarmente attivi da anni, riuscendo ad infiltrarsi in migliaia di aziende.

Fino ad ora pero’ ben poche aziende americane lo avevano ammesso pubblicamente, mentre ora il vento sta cambiando. Solo nelle ultime settimane sono venuti allo scoperto Twitter, Facebook e Apple, sottolinea il New York Times, che a sua volta ha reso pubblico di aver avuto gli hacker ‘in casa’, cosi’ come il Washington Post e il Wall Street Journal.

Le ammissioni, sottolinea il Post, riflettono un nuovo modo di reagire agli attacchi che per lo piu’ finora non dovevano essere rivelati ad azionisti, clienti e avversari, per evitare conseguenze negative quantomeno a Wall Street. Ma ora anche la Casa Bianca alza pubblicamente la voce, affermando che ”gli altri governi devono riconoscere che la tutela dei segreti industriali e commerciali e’ vitale per il successo delle relazioni economiche.

I furti di segreti commerciali – si legge in una nota diffusa ieri – sono una minaccia per le aziende americane, mettono in pericolo la sicurezza nazionale e la sicurezza dell’economia americana”. Pechino, dal canto suo smentisce con forza ogni accusa, che definisce ”senza fondamento di fatti e di basi legali”.

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