Egitto, i Fratelli Musulmani non partecipano alle manifestazioni

Pubblicato il 22 Novembre 2011 - 08:57 OLTRE 6 MESI FA

IL CAIRO – I Fratelli Musulmani d’Egitto, la forza politica meglio organizzata del paese, hanno annunciato che non parteciperanno alle manifestazioni di massa previste per il 22 novembre in piazza Tahrir, al Cairo, contro il potere militare. La forza politica non si unirà dunque alle nuove manifestazioni dopo gli scontri dei precedenti giorni a piazza Tahrir, dove il numero di morti e feriti dopo l’irruzione dell’esercito contro i manifestanti ha segnato un bilancio di oltre 40 morti e 1800 feriti, secondo fonti mediche.

Il Partito della libertà e giustizia, organo politico dei Fratelli musulmani, ha annunciato che questa decisione nasce dalla preoccupazione di non ”trascinare il popolo verso nuovi scontri sanguinosi con partiti che cercano vantaggi dalle tensioni” secondo un comunicato sul suo sito internet.

E la situazione in Egitto è molto confusa dopo che il primo ministro, Essam Sharaf, e il suo governo, hanno presentato le dimissioni. Il mandato è stato rimesso nelle mani del Consiglio Supremo delle Forze Armate che, però, non ha ancora preso una decisione chiara e sta valutando se accettarle o meno e ha invitato le forze politiche a un ”dialogo urgente” per esaminare la crisi. Quello che è certo, invece, è che le elezioni parlamentari si terranno secondo il calendario previsto, a partire dal 28 novembre, indipendentemente dalle sorti del governo Sharaf, come ha precisato il vice premier Ali el Selmi. Dopo una giornata con pochi incidenti tra manifestanti e forze di polizia, in serata ci sono stati nuovi scontri e i manifestanti hanno tentato di raggiungere la sede del ministero dell’Interno, presidiato da carri armati e agenti in tenuta antisommossa che hanno respinto i giovani sparando lacrimogeni. Il bilancio finale parla di una trentina di morti.

”E’ la seconda rivoluzione”, dice una parola d’ordine raccolta sui blog in Internet, ”dopo il tentativo di militari e governo di far fallire la prima”. Di questo fallimento verso la democratizzazione del paese ed il rispetto dei diritti umani i militari sono stati accusati anche in un rapporto diffuso da Amnesty International. E la denuncia non sembra infondata, specie dopo la proposta nei giorni scorsi del viceprimo ministro, Ali Selmi, per una modifica alla costituzione che aveva irritato tutte le forze politiche, specie i Fratelli Musulmani, candidati a raccogliere ampi consensi nelle elezioni legislative in calendario dal 28 novembre. La proposta, che prevede di dare una speciale immunità ai militari e di sottrarre i loro bilanci ai controlli del parlamento, aveva provocato il grande raduno di venerdì scorso, il venerdì ”per la protezione della democrazia”, come al solito nell’arcinota piazza Tahrir.

Un generale arrivato in piazza ha dichiarato che è diritto dei manifestanti quello di fare sit-in, purchè non sia danneggiata la proprietà pubblica, e ha rassicurato che i generali non intendono rimanere al potere, ma vogliono cederlo a civili appena possibile. Considerata insufficiente, questa rassicurazione non è servita a fugare i dubbi innescati dalla proposta di modifica costituzionale che mirava a porre i militari al di sopra della costituzione e dei controlli parlamentari. ”Chiedono di rimanere intoccabili proprio a noi che abbiamo mandato a casa il vecchio regime del militare Mubarak?” chiedeva insistentemente un gruppo di giovani manifestanti vicino alla sede della Lega Araba, sottolineando che comunque i militari hanno le loro responsabilità nelle morti dei ”martiri di piazza Tahrir”. Anche per questo per martedì i giovani hanno sollecitato un nuovo maxiraduno, ancora nella ”piazza della rivoluzione”.