Egitto. Liberazione ostaggi boomerang politico per leadership militare

Una fase del processo agli attivisti prima della loro liberazione

IL CAIRO, EGITTO – La partenza su un aereo Usa di operatori stranieri, inclusi americani, delle ong coinvolte nell’inchiesta sui finanziamenti illeciti in Egitto ha contribuito a smorzare le tensioni crescenti fra Il Cairo e Washington, ma rischia di diventare un boomerang politico per la leadership egiziana.

La decisione di revocare il bando di espatrio per i cooperanti stranieri, dei quali 19 americani, che e’ seguita alle dimissioni in blocco dei giudici ai quali inizialmente era stato affidato il processo, ha scatenato i media egiziani che hanno accusato il governo e il Consiglio militare di avere fatto pressioni sui giudici perche’ chiudessero il caso.

”Gli Usa ringraziano i fratelli musulmani e il Consiglio militare” titola a tutta pagina Youm el seba, giornale indipendente. Il sospetto di ”ingerenze e pressioni”, come ha detto lo speaker dell’assemblea del popolo Saad el Katatni ha spinto il Parlamento ha convocare il primo ministro Kamal el Ganzouri e i ministri coinvolti a rispondere di tutta la vicenda l’ 11 marzo. Secondo Katatni pressioni sulla magistratura sono ”del tutto inaccettabili” dato che il processo ”e’ ancora in corso e non si chiudera’ con una decisione politica”.

Gli interrogativi sui quali i deputati chiederanno risposte sono il motivo della revoca del bando e la ragione per la quale i due giudici hanno lasciato l’incarico. ”Non permetteremo a nessuno di toccare la nostra sovranita’. Andremo fino in fondo per punire tutti i responsabili, chiunque essi siano e qualunque incarico ricoprano”, ha sottolineato Katatni.

Il capogruppo di Giustizia e Liberta’, il principale gruppo del Parlamento egiziano, Hussein Mohamed Ibrahim, ha espresso preoccupazione perche’ il caso mostra ”una interferenza flagrante negli affari interni egiziani nonche’ nel lavoro della magistratura”. Per l’ex candidato alle presidenziali, Mohamed el Baradei, una interferenza nell’attivita’ della magistratura costituisce un ”colpo” alla democrazia.

Da Washington, invece, sono arrivati segnali di distensione. Il portavoce del dipartimento di stato Victoria Nuland ha affermato che, pur costituendo il processo motivo di preoccupazione, per gli Usa le relazioni con l’Egitto sono solide. Da decenni stretti alleati con l’Egitto, soprattutto dopo l’accordo di pace con Israele, gli Usa forniscono alle forze armate egiziane aiuti per un miliardo e trecento milioni di dollari l’anno, che la crisi giudiziario-diplomatica aveva cominciato a mettere in forse. Il processo riprendera’ l’8 marzo davanti ad una nuova corte.

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