Cosa succederà in Egitto? Soluzione “pilotata” con gli Usa o guerra civile?

Per le strade del Cairo la rivolta continua, il popolo anti Mubarak continua a protestare. Il presidente però è ancora alla sua poltrona, eppure, fa notare Franco Venturini sul Corriere della Sera “ha già perso”.

Come potrebbe ripresentarsi alle prossime elezioni? Che sia lui o il figlio Gamal, poco gradito dai militari, la cosa sempra piuttosto improbabile.

“Un generale capo dei servizi segreti è diventato vicepresidente, carica che in trent’anni il Raìs aveva sempre escluso. Il cruciale alleato americano, che ogni anno versa 1,5 miliardi di dollari nelle casse del Cairo, ha redarguito Mubarak in mondovisione dichiarandosi d’accordo con le aspirazioni del popolo in rivolta”, scrive Venturini.

Fatta questa premessa dunque l’ultimo faraone Mubarak ha comunque perso autorità, potere, come le ultime nomine hanno già dimostrato: quella del generale Omar Suleiman e del nuovo premier Ahmed Shafiq, molto vicino ai vertici dell’esercito.

Cosa succederà dunque? Ecco i due scenari possibili riassunti da Venturini, una è quella di una soluzione decisa a tavoli tra generali egiziani e militari, l’altra è quella di un cambiamento totale e la discesa in campo dei fratelli musulmani: “La prima opzione, quella di un cambiamento pilotato, trae la sua forza dall’importanza del Cairo sulla scena internazionale. L’America ha bisogno dell’Egitto in Medio …L’Egitto serve a contenere Hamas, confina con Israele e con lo Stato ebraico ha un trattato di pace e relazioni diplomatiche. … Che fare, allora? Rivolgersi alla rispettata istituzione militare egiziana che al Cairo governa con uomini suoi dai tempi di Nasser, e concordare con lei una via d’uscita insieme credibile e veloce”.

“La seconda possibilità, per fortuna meno probabile, è quella di una deflagrazione generale. I suoi ingredienti sarebbero l’ampliamento della protesta di piazza, un bagno di sangue provocato da forze fedeli al Raìs, la discesa in campo di quei Fratelli Musulmani che oggi scontano le loro divisioni interne e si sono soltanto accodati alle manifestazioni senza mai riuscire a guidarle, l’eliminazione dell’opposizione laica e non militare incarnata dal premio Nobel e fiero avversario di Bush Mohammed ElBaradei, una guerra civile tra fazioni islamiste e reparti moderati dell’esercito. Il caos prolungato, in breve, dal quale soltanto un nemico dell’Occidente potrebbe uscire vincitore. Poco probabile”.

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