Il ministro degli Esteri Franco Frattini, in un’intervista al Corriere della Sera, risponde a Charlie Kupchan, democratico americano che aveva segnalato le difficoltà dell’Italia a reggere la competizione in un mondo in cambiamento. «L’Italia è saldamente la sesta economia del mondo, che piaccia o non piaccia a Kupchan», dice Frattini.
Dopo il sì dell’Irlanda al Trattato di Lisbona, che avvicina il momento in cui l’Ue avrà un presidente in carica per 2 anni e mezzo, senza rotazioni ogni sei mesi, Frattini interviene: «Per ora non sono uscite candidature. Abbiamo espresso apprezzamento per Tony Blair come presidente, sapendo però che vi è un blocco di Paesi con perplessità su di lui, come la Germania».
Sui nomi di Giulio Tremonti come presidente dell’Eurogruppo per i ministri finanziari e di Mario Draghi come presidente della Bce, Frattini spiega: «Mentre l’Eurogruppo è una cosa che si decide tra governi e quindi il governo italiano può, come Silvio Berlusconi ha fatto, indicare e sostenere, la presidenza della Bce dipende da procedure interne della Bce che non sono ancora state indicate, che potrebbero essere modificate elezione per elezione, e che riguardano il 2011».
Un intervento anche sul ritiro della nomina di Mario Mauro, del Pdl, come presidente del Parlamento europeo: «L’abbiamo ritirata perché spaccare il gruppo del Partito popolare sarebbe stato sbagliato. Se volevamo un’azione di scontro si poteva preparare un anno prima. Leggo nell’inchiesta che saremmo nostalgici dell’’atlantismo bulgaro’. Poche righe dopo che sull’energia strizzeremmo l’occhio alla Russia. Siamo bulgari o no? Condividiamo tutte le linee di politica estera dell’Amministrazione americana e vogliamo la diversificazione energetica. I tedeschi con il gasdotto Nord Stream, noi partecipando al South Stream. E al Nabucco».
Sui primi segni di dialogo tra l’Iran ed il gruppo del “5+1”, frattini spiega anche la situazione dell’Italia: «Vedo allontanarsi il seggio permanente per i Quattro (Brasile, India, Giappone, Germania, ndr ) che ambiscono a esso. Grazie a un’azione innanzitutto dell’Italia che ha fatto sì di non avere nel 2009 l’aumento di quei seggi come un’opzione dell’Assemblea generale dell’Onu. Con la Germania dovremo ragionare del seggio europeo».
Un’ultima battuta sulle dichiarazioni di Bossi, che voleva il ritiro immediato delle truppe italiane in Afghanistan, dichiarazioni non digerite dagli alleati: «Sono bastate le parole pubbliche di Ignazio La Russa e le mie, confermate poi da Berlusconi e poi da Giorgio Napolitano per chiarire tutto. Quando parlano questi quattro non credo ci sia dubbio che l’Italia manterrà l’impegno in Afghanistan. Di certo ho dovuto spiegare ad alcuni colleghi perché erano nate le dichiarazioni del ministro Bossi: e la spiegazione è stata un riferimento a un’emozione personale che un partito di stampo popolare deve talvolta fare».