G20: Nulla di fatto se non la scelta ovvia: “Mantenere stimoli”. Fmi prevede crescita 3% entro 2010

Parole, parole, parole, grande sforzo della dipolomazia mondiale, ben pochi risultati concreti: questa è la sintesi del G20, un altro baraccone internazionale, che sembra destinato a diventare struttura permanente, un altro contributo alla occupazione superpagata di inutili funzionari del terzo mondo.

Il tavolo delle riunioni del G20 a Pittsburgh, Usa
Il tavolo delle riunioni del G20 a Pittsburgh, Usa

Il Wall Street Journal la dice così: “The Group of 20 nations agreed to put in place an elaborate structure to change global economic policy, but without any enforcement mechanism to make countries live up to their word, critics warned it could be toothless”. In Italiano: hanno concordato una complicatissima struttura per cambiare la politica economica globale, ma, in mancanza di qualsiasi meccanismo che renda obbligatorio per i paesi del mondo di mantenere gli impegni, il rischio è che il cane sia senza denti, cioè non in grado di incidere su alcunché.

Con scelta ovvia e confortata dal calcolo elettorale (si vota in Germania nei prossimi giorni), il G20 ha deciso di non ritirare prematuramente le misure di stimolo varate per contrastare la crisi. Lo si legge nel comunicato finale diffuso al termine del summit.

“Allo stesso tempo – prosegue il comunicato – prepareremo le nostre exit strategy e, quando sarà il momento giusto, ritireremo le misure di sostegno straordinario in modo coordinato e condiviso, mantenendo il nostro impegno per la responsabilità fiscale”. Il G20 promette inoltre di fissare “rigidi standard internazionali” sui bonus dei banchieri.

Nella nota finale del vertice del G20 si legge anche che “Il Fondo Monetario Internazionale prevede che l’economia globale registrerà una crescita vicina al 3% a fine 2010”.

Gli italiani avranno di che auto gloriarsi, grazie al lavoro di svuotamento di ogni iniziativa draconiana attuato dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, nella qualità di presidente del Financial stability board. Draghi, dicono gli aedi, è riuscito “a far quadrare il cerchio e a far confluire tutte le posizioni più estremiste su un testo, di sei pagine, nelle quali vengono fissati limiti ai compensi ma non vengono previsti tetti ai bonus”.

Draghi è convinto di avere agito bene e ha ragione, perché con il moralismo e la demagogia si possono prendere dei voti ma si fanno anche dei gravi errori e avere svuotato le varie sciocche idee punitive che frullavano nell’aria alla vigilia è indubbiamente un grande merito di Draghi, il quale ora dice: “Molti progressi sono stati fatti: il sistema finanziario e l’industria bancaria sono ora molto diverse ma resta ancora molto da fare”.

“Sono state chiuse le aree di elusione” che consentivano veicoli fuori bilancio, anche se i tecnici dovranno tenere gli occhi ben aperti, perché i diavoli della finanza mondiale inveneranno di sicuro qualche altro trucco per fare soldi e fregare il prossimo. Proprio per i risultati ottenuti dalla Banca d’Italia in materia di controllo hanno guadagnato a Draghi l’ammirazione degli americani, i quali sono stupiti che nel grande caos italiano ilk sistema bancario sia rimasto immune dalla tabe dei derivati e di questo danno merito proprio all’attenta sorveglianza della Banca d’Italia.

Draghi ha poi ancora ricordato che “i requisiti di capitale nei trading book sono stati rafforzati, ci sono nuovi standard di risk management”.

Draghi ha indicato poi i “prossimi passi da compiere”, iniziative sul fronte del capitale, delle remunerazioni, dei derivati e della trasparenza.

Notevoli passi in avanti sono stati compiuti, ma la strada da percorrere resta comunque lunga.

Sul fronte del capitale, che costituisce una delle aree identificate  come bisognose di ulteriori azioni, “il Comitato di Basilea emanerà a breve le linee guida per aumentare i requisiti di capitale”, facendo attenzione a non provocare conseguenze sul credito, con le banche che chiudono i rubinetti.

Agli istituti verrà richiesto anche di aumentare la qualità del capitale, oltre che costituire cuscini sopra ai minimi nei periodi di crescita economica. Sarà poi introdotto il concetto del leverage ratio, cioé il livello di indebitamento. Gli sforzi sui derivati over-the-counter si sono intensificati ma – avverte Draghi – servono ulteriori azioni, per far sì che una quota sempre maggiore di scambi avvenga su mercati e piattaforme centralizzate.

Per quanto riguarda i compensi il compromesso Draghi sembra sia riuscito a mettere tutti d’accordo, nonostante le divergenze iniziali. Non si prevede la fissazione di alcun tetto ai bonus ma limiti ai compensi, con una netta separazione fra la quota fissa e quella variabile della retribuzione, che dovrebbe essere il 40-60% del totale e legata al capitale, alle prese di rischio e alla performance individuale, della business unit e della banca nel complesso.

Se si pensa che nelle aziende normali, la quota variabile è intorno a un terzo del totale, vuole dire che un banchiere che guadagni un milione di euro di retribuzione base, e un incentivo base di mezzo milione, secondo i metodi in uso nell’industria potrebbe arrivare a 1,7 milioni, dei quali la parte variabile sarebbe sarebbe il 40% del totale, mentre un banchiere potrebbe restare nel rispetto delle linee Draghi conseguendo un premio di 1,5 milioni, pari al 60% del totale di 2,5 milioni. Si può concludere che i banchieri non possono piangere, anche perché dal pacchetto sono escluse le stock option.

Il progetto prevede anche la creazione di comitati di remunerazione forti e dà più voce alle autorità per intervenire sulle pratiche dei compensi delle società.

Gestione cookie