Il gas, Europa compresa, l’arma russa preferita, ma la Casa Bianca minimizza

gasRUSSIA, MOSCA – Russia contro Ucraina. Arma preferita, ancora una volta, il gas. Da anni ormai le guerre tra i due Paesi si combattono così, a suon di ricatti sul prezzo e di rubinetti chiusi. La prima grande crisi è scoppiata nel 2006, in coincidenza con le prime tentazioni europeiste di Kiev, lasciando anche l’Europa a corto di forniture.

L’ultima è stata nel 2009, anche allora in pieno inverno. Nel marzo 2005, a pochi mesi dalla ‘rivoluzione arancione’ e dall’entrata in carica della coppia Yuschenko-Timoshenko, Mosca avanzà le prime richieste di pagamento del debito accumulato dalla compagnia nazionale del gas ucraina (Naftogaz), accusandola contemporaneamente di prelevare illegalmente il gas destinato all’esportazione verso i paesi europei. La contesa culmin� a gennaio 2006, provocando la completa interruzione delle forniture russe di gas verso l’Ucraina per tre giorni e conducendo alla rapida stipula di un nuovo contratto tra i due paesi, più favorevole alla Russia.

La crisi porta ad una riduzione dei flussi verso l’Europa di circa il 25%. L’Italia fu costretta a misure di emergenza come il blocco delle grandi aziende consumatrici e la riattivazione delle centrali ad olio. Un secondo contenzioso insorse a ottobre 2007 attorno ai debiti ucraini nei confronti delle compagnie energetiche russe, e a marzo 2008 Gazprom tornò ad adottare la strategia della riduzione delle forniture di gas quale strumento di pressione. La disputa si protrasse per tutto il 2008, finchè a inizio 2009 la sospensione paralizzò il comparto industriale ucraino e non solo. Furono infatti diciotto i paesi europei che, legati al transito del gas sul territorio ucraino, sperimentarono forti cali o complete interruzioni dei propri approvvigionamenti.

Anche allora l’Italia decise di ricorrere a misure estreme, come la massimizzazione dell’import dagli altri Paesi fornitori (Algeria, Libia, Norvegia, Olanda), l’imposizione di un tetto ai riscaldamenti e il ricorso massiccio agli stoccaggi. Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, che nel maggio precedente aveva lanciato la proposta shock del ritorno al nucleare, lanciò allora un’altra provocazione: quella di potenziare l’estrazione in Basilicata e in Adriatico. La crisi spinse da un lato l’Unione Europea ad accelerare i processi di diversificazione delle rotte energetiche, troppo dipendenti dalla Russia ed indusse dall’altro Gazprom a predisporre i primi progetti di aggiramento delle rotte ucraine, a partire dal South Stream.

Ora ci risiamo, o quasi. Ma la Casa Bianca minimizza la portata delle affermazioni del gigante russo dell’energia Gazprom, che ha minacciato di interrompere il flusso di gas verso l’Ucraina e l’Europa dell’est se Kiev non pagherà i suoi debiti.
“Le riserve di gas naturale in Europa e in Ucraina sono attualmente al di sopra del livello normale”, spiega il portavoce dell’amministrazione Obama Josh Earnst, spiegando che “a differenza che in America, in Europa l’inverno è stato mite e non esiste al momento il rischio di una penuria di gas nella regione”. Earnst ha anche sottolineato le “conseguenze finanziarie che avrebbe per Mosca una interruzione delle sue forniture di gas all’Europa”.

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