TRIPOLI – Muammar Gheddafi chiama sangue, rievoca la sua rivoluzione, il suo Libro verde e annuncia: “Resisterò fino alla morte”. Occhiali tondi, camicia color cammello e voce roca ma decisa, ripete allo sfinimento: “Continueremo a resistere, non ci arrenderemo”. Promette guerra civile, incita i suoi a riprendersi Bengasi, assediata dai rivoltosi: “Arrestiamoli, processiamoli, giustiziamoli”.
“Sono il leader della rivoluzione, non un presidente che si dimette”, avverte, “morirò qui come un martire”. La sua, quella del colonnello è una sfida disperata all’Occidente per difendere la sua Libia, la sua terra che ha nutrito di “svolta e ricchezza”, la stessa svolta cominciata 40 anni fa che lo ha portato a guidare la rivoluzione araba.
Resta e resterà fino alla morte aggrappato al potere, infischiandosene della piazza, dei bombardamenti, delle proteste partite da Tahir e spostatesi nella capitale Tripoli. Anzi caccerà chi fomenta, chi “imita” cosa è successo in Tunisia ed Egitto, chi vuole la Libia e il suo oro nero.
E il suo messaggio lo lancia dalla casa bombardata dagli americani quando c’era Reagan presidente nel centro di Tripoli, quella bombardata da aerei Usa nel 1986 e poi trasformata in un una sorta di monumento nazionale. Una sua figlia adottiva morì nel bombardamento, proprio da quelle mura dice: ”Non siamo ancora ricorsi alla forza ma lo faremo”.
Si rivolge a chi ha manifestato per le strade, ai gruppi di giovani: “Sono stati guidati da altri per guidare quelle rivolte, vogliamo sicurezza e calma. Ci sono stati dei criminali che hanno operato. Qualcuno ha pagato per queste rivolte”. I manifestanti per lui sono dei topi pagati dai servizi stranieri, dei rivoltosi mercenari che vogliono solo il petrolio e hanno sganciato denaro per creare disordini. Il rais accusa Usa e Italia di avere ”distribuito ai ragazzi a Bengasi” razzi rpg.
Minaccia gli stranieri, se non se ne andranno il regime li caccerà: “Quella libica deve essere una vittoria”. Perché a detta sua è tutto un complotto che viene dall’occidente: “I media danno un’immagine distorta per umiliarci”.
Parla al suo popolo il colonnello, esorta come un leader dimezzato e impaurito la sua gente contro le forze straniere ladre del petrolio. Ribadisce però il 90 per cento del petrolio è ancora in mani libiche. Parla alle sue “rocce solide”, ai suoi collaboratori, ai suoi uomini, alle donne e ai bimbi.
“Voi siete i responsabili, faccio appello a voi. Cerchiamoli, arrestiamoli, processiamoli e giustiziamoli”. Poi minaccia: “Ripulirò casa per casa”.