Gheddafi resiste e macella: “Alla fine vinceremo”. L'”Odissea” rallenta e dubita

ROMA – Bombe sui miliziani ribelli al rais, colpi di contraerea della coalizione occidentale, un jet americano abbattuto, quattro giornalisti del New York Times liberati, dopo violenze e abusi sessuali, liberati nella notte a Tripoli anche i tre giornalisti occidentali arrestati il 19 marzo, ma soprattutto tante, tante parole e liti interne. Rimane infuocata la situazione in Libia, particolarmente tra i membri della coalizione dell”Odissea all’Alba’. Intanto Gheddafi torna a parlare in pubblico e dice: “Ridiamo dei vostri missili, alla fine vinceremo”. Poi ancora: “Niente mi fa paura, nessun tiranno mi può spaventare. Sono inaffondabile, sono nel mio diritto”.

Problemi, dunque, all’interno della coalizione dei non tanto coalizzati “volenterosi”, come si fanno chiamare Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Canada e Qatar. Alla fine la quadra è stata trovata. Tra Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, dopo i contrasti e lo scambio di vedute dei giorni scorsi, è stato trovato l’accordo su un “ruolo chiave” per la Nato “nella struttura di comando dell’operazione in Libia”. Ma le difficoltà rimangono-

In serata la già titubante Germania si è ritirata dalle operazioni Nato nel Mediterraneo. Un portavoce del ministro della Difesa, secondo quanto scrive lo Spiegel online, ha infatti annunciato che le due fregate e le navi, con 550 soldati, verranno riportate al comando tedesco.

I circa 60-70 soldati tedeschi, che finora si trovavano in una missione di sorveglianza della Nato nel Mediterraneo, verranno ritirati. La Germania si era astenuta, nella sede del Consiglio della Sicurezza dell’Onu, di fronte alla risoluzione sulla No fly zone.

E questo è solo l’ultimo tassello di una saga diplomatica che si succede da ore. Perché mentre sulla Jamahiriya cadevano gli ultimi – per adesso – dei 159 missili Tomahawks lanciati da Stati Uniti e Regno Unito, la diplomazia internazionale si affannava a discutere sull’evoluzione della missione, e soprattutto sulla questione chiave del comando, ancora poco chiaro a quattro giorni dall’inizio dell’intervento.

Dopo una giornata di parole, in serata – ora italiana – il presidente statunitense Barack Obama ha dichiarato che un ruolo fondamentale nell’attuazione della no-fly zone in Libia sarà ricoperto dalla Nato. Una decisione auspicata dall’Italia, e presa da Obama dopo colloqui con i colleghi francese e britannico Nicolas Sarkozy e David Cameron.

Secondo la Casa Bianca, l’Alleanza Atlantica dovrà essere ”parte di una struttura di comando internazionale una volta che gli Usa lasceranno” la guida, perché ci saranno paesi extra Nato, secondo quanto ha indicato il vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Ben Rhodes.

Rhodes ha spiegato che ”continuiamo a credere che la Nato avrà un ruolo significativo da svolgere in termini di capacità unica dal punto di visto del comando e del controllo”. I tre leader hanno fatto il punto della situazione libica, e hanno stabilito una no-fly zone.

”Tra poco saremo in grado di affermare che la no-fly zone è stata stabilita” sulla Libia e che ”abbiamo evitato una tragedia” ancora più grande, ha detto il presidente Usa Barack Obama. Obama ha ribadito che i voli degli aerei Usa sulla Libia sono diminuiti rispetto ai giorni scorsi.

E proprio sulla no-fly zone e sulle altre “misure necessarie” adottate dai “volenterosi” e previste dalla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ci sono i punti più spinosi.

Dopo la polemica russa innescata dal premier Vladimir Putin, che ha paragonato la risoluzione Onu ad un “appello alla crociata”, oggi è stata la volta del premier turco Recep Tayyip Erdogan.

Il leader del partito islamico Akp ha duramente criticato i bombardamenti effettuati dagli aerei delle potenze occidentali sulla Libia, affermando che la Turchia ”non punterà mai le proprie armi contro il popolo libico”.

Solo il giorno prima Erdogan aveva concordato con il presidente Obama che i ”contributi nazionali” per l’attuazione della risoluzione 1973 sulla Libia ”sono resi possibili dalle capacità di controllo e dal comando unico e multinazionale della Nato”, oltre a sottolineare che il proprio governo accetta un’operazione a guida Nato a condizione che venga condotta per garantire che la Libia appartiene al suo popolo, che le ricche risorse petrolifere del paese non vengano spartite fra altre nazioni e che l’intervento della Nato non si trasformi in un’occupazione militare della Libia.

Parlando ai membri del gruppo parlamentare del suo partito, Erdogan ha detto che le Nazioni Unite dovrebbero guidare in Libia soltanto un’operazione umanitaria e non militare.

Oltre alle discussioni diplomatiche oggi si è tornato a parlare del rischio scudi umani. In particolare il timore riguarda ab al-Aziziya, la zona in cui si trova anche il bunker dei Gheddafi, colpita la notte prima da alcuni missili: qui si stanno alternando alcuni sostenitori che si sono resi disponibili a fare da scudi umani per indurre gli aerei della coalizione a non sganciare bombe. Ma si parla anche di civili costretti a radunarsi nei pressi degli obiettivi a rischio. E di i giornalisti stranieri.

Gestione cookie