Hasan, il killer di Fort Hood cercò il contatto con Al Qaeda e le “agenzie” lo sapevano

Nidal Malik Hasan

Allora è terrorismo, sia pure per contagio. Allora, se è vero, è stato un attacco armato, pensato e voluto, ai soldati americani e non un’esplosione di follia. E, se davvero le cose stanno così, ancora una volta la sicurezza americana si è fatta “bucare” per imprevidenza e sottovalutazione. Non una bella notizia per l’opinione pubblica e un brutto colpo per il presidente Obama. Raccontano alla tv Abc due funzionari americani dei servizi segreti che  Hasan , l’ufficiale-psichiatra che ha ucciso tredici suoi compagni nella base di Fort Hood, cercò di entrare in contatto con Al Qaeda per “via telematica”. E fin qui potrebbe essere stata una manifestazione progressiva del disagio psicologico di colui che sarebbe poi diventato un assassino. Ma i due funzionari raccontano anche che le agenzie di sicurezza americane conoscevano questo “dettaglio”.

Altro che dettaglio come è stato detto dai due, se questo è vero, allora le “agenzie” sono state incaute e la sicurezza americana è tutt’altro che garantita. Da New York arriva la notizia che Hasan “ha ripreso conoscenza ed è in grado di parlare”. Se parlerà, dalla sua bocca rischia di uscire una verità dolorosa e insieme imbarazzante per l’esercito e l’amministrazione statunitensi.

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