NEW YORK – Hillary Clinton e Donald Trump trionfano al Super Tuesday, il super-martedì delle primarie americane. Nessuna sorpresa, quindi. I due favoriti si aggiudicano sette Stati per uno, mentre, anche in questo caso come da previsioni, Ted Cruz vince nel suo Texas e Bernie Sanders nel suo Vermont.
Ma il senatore democratico si consola portando a casa anche altri tre stati, Oklahoma, Colorado e Minnesota: “Questa campagna è per cambiare l’America”, esulta. Mentre Cruz la spunta anche lui in Oklahoma, ritagliandosi almeno per una notte il ruolo del vero anti-Trump: “Sono l’unico che può batterlo”.
Finisce infatti quasi a mani vuote la serata di Marco Rubio, primo solo in Minnesota, quando mancano solo i risultati dell’Alaska. Su di lui puntava l’establishment del partito repubblicano sperando nel miracolo. Ma il miracolo non c’è stato, e ora il giovane senatore di origini cubane dovrà tentare il tutto per tutto il 15 marzo nel suo stato, la Florida. Dove però i sondaggi non lo danno come favorito, ma sempre dietro Trump. Ecco allora che la maggior parte dei commentatori politici dà ormai Rubio a fine corsa.
La sfida in vista della volata finale verso la Casa Bianca, insomma, è sempre più tra l’ex first lady e il tycoon newyorchese. “Questo Paese appartiene a tutti noi, non solo a chi guarda in una direzione, prega in una direzione o pensa in una direzione”, ha detto un’entusiasta Hillary Clinton parlando nel suo quartier generale di Miami, avendo oramai nel mirino solo lui, Donald Trump, che replica a pochi chilometri di distanza, a Palm Beach: “Quello che ha fatto Hillary è un atto criminale”, attacca riferendosi allo scandalo delle email.
Tutti in Florida, dunque, come del resto Rubio. E’ lì che fra due settimane si svolgerà una partita decisiva. Ed è lì, come in altri Stati-chiave, che si assegneranno molti delegati con la regola del ‘winners-takes-all’, chi vince prende tutto.
“Mi dispiace per Rubio, per lui è stata una serata molto dura. E ha speso anche un sacco di soldi…”, ironizza Trump, che negli ultimi giorni è stato al centro di attacchi pesantissimi da parte del giovane senatore che ha cercato disperatamente di rimontare. Troppo tardi però, con i vertici del partito repubblicano che vedono l’incubo Trump materializzarsi sempre più. Così come lo spettro di una Casa Bianca per almeno altri quattro anni in mano democratica.
Poco conta che il tycoon nella notte del Super Tuesday cerchi di smorzare i toni definendosi “un conservatore di buon senso”. Anche se il muro col Messico, insiste, ci sarà eccome: “Come la Muraglia cinese”.
Dietro di lui sul palco Chris Christie, il governatore del New Jersey che gli ha dato a sorpresa l’endorsement. A conti fatti la Clinton trionfa in sette Stati (Georgia, Virginia, Tennessee, Alabama, Arkansas, Texas e Massachusetts). Lo stesso Trump (Georgia, Alabama, Tennessee, Massachusetts, Virginia, Arkansas e Vermont).
In totale negli stati del Super Tuesday erano in palio 595 delegati per i repubblicani, quasi la metà dei 1.237 necessari per la nomination. E ce n’erano 865 per i democratici, più di un terzo del ‘numero magico’ di 2.383.
(Foto Ansa)