ROMA – Il Papa si dimette. “Un fulmine a ciel sereno”, dice il cardinal Sodano, riflettendo sbigottimento e incredulità generali. Ancora all’ultimo Angelus di domenica, il Pontefice ragionava sul sacerdozio e la vita consacrata nell’esperienza del primo chiamato, quel Simone che divenne a causa di Gesù, Pietro: “L’uomo non è autore della propria vocazione, ma è risposta alla proposta divina; e la debolezza umana non deve far paura se Dio chiama”. Una consacrazione che sembra a vita, dalla quale non è possibile dimettersi. Ma allora perché Joseph Ratzinger ha deciso di abbandonare il pontificato?
“Lascio per il bene della Chiesa”, ha affermato, “per ingravescentem aetatem”, sente prossima la fine mortale. Perché troppo anziano e forse malato non si considera più all’altezza dell’alto magistero? Per consentire un rinnovamento radicale attraverso un’uscita di scena che ha choccato fedeli, curia e gerarchie ecclesiastiche? Precedenti se ne contano sulle dita di una mano: a parte il famoso “gran rifiuto” di Celestino V, Clemente I nel ’97 dopo Cristo, l’abdicazione di Gregorio XII nel 1415. Perfino il suo predecessore, Giovanni Paolo II, restò in carica fino alla fine nonostante il morbo di Parkinson ne avesse trasfigurato la persona e il male lo avesse consumato. Quella resistenza eroica, quel sacrificio e l’esibizione del corpo sofferente del vicario di Dio in terra, fu il sigillo di Wojtyla al suo eccezionale papato.
Con la formula “ingravescentem aetatem” venne stabilita dal Concilio Ecumenico Vaticano II la naturale relazione tra l’età avanzata e il disimpegno da taluni importanti uffici, come quelli del vescovo diocesano o del parroco. La formula prevede che gli Officiali maggiori e minori cessino dal loro ufficio a settant’anni compiuti, e i Prelati Superiori al settantacinquesimo iniziato. Dunque il Papa dimissionario situa la sua altissima posizione tra i più umili servitori della Chiesa.
Con questa decisione di Benedetto XVI “cambia radicalmente il volto del pontificato”: è il commento di Marinella Perroni, docente presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. “Si pensava che fosse impossibile che un Papa potesse andar via prima della scadenza naturale del pontificato, che è la morte. Si era detto in passato che Paolo VI avesse già la lettera pronta, altre leggende sono circolate, ma che proprio Ratzinger avesse questo coraggio…. Significa che il pontificato è ad tempus, cambia il volto dell’organizzazione della Chiesa. E’ una cosa che impone di ragionare diversamente sia all’apparato che ai fedeli, perché d’ora in poi il pontificato non sarà più legato alla vita del Papa”.
Ora il mondo attende trepidante lo svolgersi della situazione: un nuovo conclave si prepara inatteso per eleggere il 266° successore di Pietro al soglio pontificio. Il flash dell’Ansa delle 11.46 sull’annuncio delle dimissioni del Papa ha fatto in pochi minuti il giro del mondo. Prima l’agenzia Reuters, poi la Cnn e a seguire al Arabiya, France Presse, i britannici Telegraph e Bbc e Sky News l’hanno rilanciato prima che arrivasse la conferma del Vaticano. Migliaia i tweet rilanciati, dall’Europa all’Asia, passando per il Medio Oriente.
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