Già la sigla che li definisce sembra uno scherzo: Bric. Ma Bric significa Brasile, Russia, India, Cina, cioè i paesi dalle economie emergenti e, seppure nella crisi mondiale, con i tassi di crescita più forti. I paesi del Bric riuniscono i loro governanti domani in Russia a Ekaterinburg per il secondo vertice della loro neonata storia. Non sarà un incontro dalle decisioni capitali, dagli accordi rivoluzionari per il pianeta. Ma ci saranno interessantissimi scambi di idee e confronti di opinioni che potranno incidere sugli equilibri mondiali. Il Bric rappresenta la metà della popolazione mondiale, il 23% del Pil e più del 40% della superficie della terra.
I cinque paesi reclamano un maggiore protagonismo nelle decisioni mondiali e vogliono imporre un’agenda in cinque punti che deve partire dal dibattito sul dollaro come moneta di riserva, dalla ridiscussione di organismi come il G8 e il G20, dalla riorganizzazione del commercio mondiale, dalle garanzie per una sicurezza mondiale. Tra le cinque potenze non ci sono solo convergenze, ma anche differenze. Basta pensare che il Brasile è l’unica di queste potenze che non ha armamento nucleare. E, quindi, insiste per il disarmo. Il Bric, seconda seduta, discuterà anche di come affrontare il nodo dell’Africa in un quadro di sviluppo sostenibile.
Sul dollaro emergono le preoccupazioni della Cina, che ne ha ingenti riserve e teme la politica Usa. «Non possiamo considerare il dollaro – sostengono a Pechino – alla stregua dell’oro».
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