Iran, per Ahmadinejad gli insulti a Carla Bruni sono un reato e aggiunge: “Sakineh non è condannata a morte”

Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha oggi definito un ”reato” gli insulti rivolti e da un giornale iraniano a Carla Bruni, moglie del presidente francese Nicolas Sarkozy, dopo il suo appello in favore di Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione.

Questi insulti, ha detto il presidente in un’intervista al quotidiano Iran, sono ”contrari alla religione”. ”È un reato peggiore di un reato. Se c’è veramente una giustizia – ha aggiunto – gli autori dovrebbero essere perseguiti”. ‘

‘Un mezzo di informazione può insultare la moglie di un presidente europeo? L’Islam lo permette?” si è chiesto Ahmadinejad senza citare né Carla Bruni, né il giornale Kayan che oltre a definire l’ex modella ”prostituta” e con uno stile di vita ”immorale”, aveva scritto che meriterebbe di morire. Il governo iraniano aveva già preso le distanze dal giornale, vicino alla guida della rivoluzione Ali Khamenei, ma il presidente non si era mai pronunciato al riguardo.

Sakineh Mohammadi Ashtiani, l’iraniana condannata alla lapidazione per adulterio e complicità in omicidio, è diventata un’icona planetaria. Ahmadinejad ha dichiarato in una intervista alla rete televisiva americana Abc, a margine del suo viaggio a New York per l’assemblea delle Nazioni Unite che “qualcuno in Germania ha diffuso notizie false al riguardo e questo ha portato a proteste contro l’Iran”. Anche se la donna fosse colpevole, avrebbe comunque diritto a quattro diversi gradi di appello, ha precisato.

Ma non è solo per lei che l’avvocatessa iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, lotta senza posa. In un’intervista a Repubblica ricorda che “in Iran almeno altre 24 persone attendono la stessa sorte”.

“L’adulterio, il primo capo di imputazione a suo carico, non è né un crimine né un delitto. Quanto all’accusa di presunta complicità nell’omicidio del marito, si basa su confessioni che le sono state estorte sotto tortura psicologica e fisica. Ma oltre a Sakineh, almeno altre 20 donne e 4 uomini attendono la stessa crudele sorte: la morte per lapidazione. Nelle carceri iraniane ci sono anche oltre 800 prigionieri politici, diverse decine dei quali condannati a morte. Non si tratta, dunque, della sola Sakineh”.

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