Iran al voto. In minoranza Ahmadinejad, scenari ancora incerti

TEHERAN – Non dare mai nulla per scontato. Un principio che vale piu' che mai in questa fase della politica iraniana, due giorni dopo un voto per il nuovo Parlamento che, a spoglio non ancora concluso, pare avere spostato piu' a favore della Guida suprema Ali Khamenei gli equilibri interni all'assemblea, ma non ha ancora chiaramente delineato l'entita' delle forze su cui potra' contare per il suo ultimo anno di mandato il presidente Mahmoud Ahmadinejad.

Forze che per loro natura sono mobili sullo scenario politico, e potrebbero non solo palesare le loro inclinazioni solo a Parlamento insediato a fine maggio, ma anche cambiare alleanze in una fase successiva.

Il quadro dello spoglio parziale per i 30 deputati di Teheran da' la misura di come i due fronti del blocco conservatore non siano affatto monolitici, ma anzi possano mantenere una comunanza di visioni e di interessi – aprendo forse ad accordi e compromessi piu' o meno dichiarati.

Su una sessantina di candidati per i 30 seggi di Teheran, 21 esponenti del Fronte unito dei principalisti (vicino alla Guida suprema) si trovavano nel pomeriggio tra i primi 38. Ma fra loro ve ne sono almeno cinque che si sono presentati anche nelle liste riconducibili al presidente o alla controversa figura del suo capo di gabinetto Esfandiar Rahim Mashaie, i quali a loro volta hanno ufficialmente negato di sponsorizzare liste o candidati.

Uno di loro e' proprio il primo dei gia' eletti, l'ex presidente del Parlamento Gholam Ali Haddad Adel: questi figurava anche sia nella lista Resistenza-Paidari (i sostenitori di Ahmadinejad ostili al 'deviazionista' Mashaie), sia in un'altra formazione che si e' presentata all'ultimo momento a sostegno del capo di gabinetto presidenziale, sebbene alcuni candidati abbiano negato di esserne stati messi preventivamente a conoscenza.

Un altro esempio significativo e' quello di Ali Motahhari, conservatore di peso: escluso dal Fronte Unito dei principalisti, ha promosso una lista accogliendo anche alcuni riformisti, con i quali si e' lui stesso a sua volta presentato.

Ma e' significativo come, a fine giornata, sia emerso che dei circa 60 candidati a Teheran solo cinque abbiano vinto al primo turno, e per gli altri 25 se ne debba aspettare un secondo a inizio aprile. A questi va aggiunta un'altra trentina di ballottaggi nel Paese: per una sessantina di deputati, un quinto del nuovo Parlamento, bisogna insomma attendere ancora un mese.

A rendere ancora meno decifrabile il quadro, gli altri risultati dal resto dell'Iran: dei 200 finora eletti al primo turno circa la meta' risultano ''indipendenti'', che potrebbero dichiarare i loro orientamenti solo a Majlis gia' insediato.

Il quotidiano ultra conservatore Kayhan International non aveva pero' dubbi stamani a titolare su una 'grande vittoria dei Principalisti'. E tale in effetti potrebbe definirsi un quadro in cui Ahmadinejad pare aver dovuto incassare non solo la mancata elezione della sorella Parvin nella sua citta' natale, ma anche il voltafaccia del suo elettorato tradizionale nei centri minori.

Ma se anche il presidente e' in minoranza nel nuovo Parlamento – mentre il vecchio attende di vederlo in aula gia' nei prossimi giorni per interrogarlo sulla politica economica del suo governo – non vuol dire che sia gia' all'angolo nella scena politica del Paese.

In influenza politica si traducono infatti sia la disponibilita' finanziaria e il controllo delle attivita' economiche strategiche di un raggruppamento, sia la capacita' di gestione di altri elementi, dalle forze armate alle Guardie rivoluzionarie, dalla polizia per la morale sul territorio alle forze volontarie dei Basiji, mobilitabili per ogni necessita'.

Ed e' anche in base a questo che si costruiranno i nuovi equilibri interni della Repubblica islamica, cruciali anche nel determinarne le scelte ed i linguaggi in politica estera.

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