”Sono io ad aver fatto più di ogni altro nel convincere gli Stati Uniti a sbarazzarsi di Saddam Hussein”, ha dichiarato Ahmad Chalabi in una intervista al New York Times. Presto le truppe americane se ne andranno dall’Iraq, ma Chalabi resterà, sconcertante e polemico come era prima della guerra, forse con un potere politico che finora non è mai riuscito ad ottenere.
Candidato nelle recenti elezioni, alleato con il clerico radicale Moktada al-Sadr, è in terza posizione nel conteggio delle schede e potrebbe essere eletto in parlamento, cosa che non riuscì ad ottenere nelle precedenti elezioni del 2005, quando il suo partito, Il Congresso Nazionale Iracheno ottenne 30 mila voti su 12 milioni.
Ma a parte le sue prospettive politiche, scrive il Nyt, Chalabi, 65 anni, si è in maniera controversa nuovamente inserito nella politica irachena. Nei decenni di esilio a Londra si è arricchito con affari finanziari ed edilizi, ma non senza problemi: nel 1992 fu condannato in absentia di frode bancaria in Giordania.
Chalabi è nato in una prominente e ricca famiglia sciita di Baghdad, ma se ne andò nel 1956, anni prima che Saddam prendesse il potere. Tornò nel 2003 ma in breve tempo si inimicò gli americani, inimicizia che esiste tuttora. Lo scorso febbraio il generale Ray Odierno, comandante in capo delle truppe americane in Iraq ha dichiarato che ”Chalabi è chiaramente influenzato dall’Iran”.
Chalabi dice dal canto suo che ha strette relazioni sia con gli Stati Uniti che con l’Iran, ma ammette che i rapporti con Washington sono ”in sospeso”. Aggiunge che ha ancora amici a Washington tra i neo-conservatori della ex-amministrazione di George Bush, come Paul Wolfowitz, ex-ministro della difesa e Richard Perle, ex-presidente del Defence Policy Board.
Chalabi è restio a discutere delle sue ambizioni politiche, ma sono in pochi a non credere che il suo obiettivo è diventare primo ministro. E nonostante le sue contraddizioni – un ex-alleato degli americani ora amico dell’Iran – uno sciita laico, ricco e laureato al M.I.T. ora al passo con partiti islamici radicali – egli è capace di manovrare come intermediario, anche se non è chiaro quanto sia popolare tra il popolo iracheno. Ma i primi risultati delle elezioni confermano che se vorrà porsi come intermediario ci riuscirà.
”Chiunque ritenga che Chalabi è finito sbaglia sempre”, dice Aram Roston, uno scrittore autore di una biografia di Chalabi intitolata ”L’uomo che ha spinto l’America in Guerra”. Ed anche se le sue affiliazioni sono sempre ondivaghe, è nondimeno capace di ispirare fedeltà. Uno dei suoi più fidati consiglieri è tuttora Francis Brooke, un americano che conobbe nel 1991 tramite contatti con la Cia e che vive a Washington in una casa pagata dall’organizzazione di Chalabi.
Esperti ed osservatori lo definiscono ”un politico machiavellico che non ha alcun rispetto per principi o ideologie. Per lui la politica è solo fatta di mercanteggiamenti ed affari”. Ora, anche se le armi di distruzione di massa che disse agli americani esistevano nell’Iraq di Saddam non sono mai venute fuori, Chalabi è convinto che la sia stata una scelta giusta. ”Il mondo è più sicuro – afferma – e gli Stati Uniti ci hanno regalato la democrazia”.