ROMA – “Fenomeni radicali come quelli dell’Isis in Iraq sarebbero da approfondire con calma e con rispetto“. “Quale rispetto scusi?”. “Rispetto delle cause che sono dietro la situazione attuale”. Questo lo scambio di battute tra il capogruppo M5S alla commissione Esteri alla Camera, Manlio Di Stefano, e Francesco Grignetti de La Stampa che l’ha intervistato.
Di Stefano spiega: “Noi siamo contro ogni intervento armato in Iraq. Anche indiretto. Noi restiamo pacifisti senza se e senza ma. Noi occidentali abbiamo dato per scontato che la nostra fosse l’unica democrazia possibile. Affrontare le cause con rispetto significa interrogarsi se non ci siano altre forme di governo e di democrazia che vanno bene per i posti dove sono”.
Ma la posizione di Di Stefano nei confronti dell’Iraq va oltre il cercare di capire l’Isis. Quando Grignetti gli fa notare che la gente muore e c’è il rischio di un genocidio lui attacca gli Stati Uniti e spiega che la guerra in Iraq l’abbiamo provocata noi, come si evince da questo estratto di intervista:
In Iraq intanto si muore, però. C’è il pericolo di un genocidio. Avete visto i bambini morti, e donne stuprate, le fosse comuni… Non è un caso classico di interventismo umanitario?
«Intanto è evidente a tutti che gli Stati Uniti sono intervenuti di testa loro senza coinvolgere le realtà internazionali».Questo è un dato di fatto. Ma senza intervento lì muoiono tutti, sa?
«L’ho capito… ma anche in Palestina muoiono in questo momento. Hanno fatto qualcosa gli Stati Uniti? Ci mancherebbe altro che non avessimo a cuore i morti, che siano da una parte o dall’altra, però vedo sempre un interventismo accanito quando si parla di alcuni territori e il totale oblio di altri territori, se non addirittura l’appoggio ad alcune realtà nemiche. È una situazione incredibile».Posizione chiarissima, non c’è che dire. Quindi in Iraq dobbiamo restare alla finestra?
«Oggi è facile parlare di intervenire. Ma guai a dimenticare che lì abbiamo portato noi l’instabilità politica. Tra l’altro l’Italia fu complice di quella guerra».
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