Iraq, l’ex presidente Hashimi: “Siamo merce di scambio tra Iran e Siria”

Tariq Al Hashimi

SULIMANYE (KURDISTAN IRACHENO) – “L’Iraq chiede aiuto all’Europa per fare sponda contro l’Iran”: è l’appello del vicepresidente iracheno Tariq Al Hashimi, fuggito dal suo Paese e raggiunto nel suo rifugio sulle montagne del Kurdistan iracheno da Lorenzo Cremonesi, del Corriere della Sera. Al Hashimi è assurto a simbolo delle sofferenze sunnite contro la nuova egemonia sciita sostenuta da Teheran da quando il 18 dicembre, dopo il ritiro degli ultimi soldati americani dal Paese, il premier sciita Nuri Al Maliki lo ha pubblicamente accusato di sostenere il terrorismo, spiccando un mandato di arresto nei suoi confronti. Gli ha dato rifugio l’ex presidente iracheno, con cui ha lavorato, Jalal Talabani, tra le montagne vicino a Sulimanye.

“Gli americani, dopo oltre nove anni di occupazione fallimentare, ci hanno abbandonato in mezzo al guado. Altro che Iraq stabile e democratico! Di fatto stiamo diventando una provincia iraniana. Il grave dell’occupazione americana è che termina regalando l’Iraq all’Iran. A un mese dalla partenza del contingente Usa è sempre più evidente: siamo diventati de facto un Iraqistan. Lo ha ammesso pubblicamente persino il capo di stato maggiore iraniano che il vacuum militare lasciato dagli americani sarà riempito da loro. E anche nel mio caso gli iraniani giocano sporco. I motivi sono anche di politica regionale. L’Iran cerca di salvare il regime di Bashar Al Assad in Siria, suo alleato storico. E l’Iraq diventa merce di scambio: se non cessate di lavorare per il cambiamento del regime in Siria, noi stravolgeremo l’Iraq. E’ un messaggio destinato non solo a Washington e alle cancellerie occidentali, ma soprattutto alla Turchia, che sempre più si sta tessendo un ruolo di difensore degli interessi arabo-sunniti. Da Teheran dicono: va bene cerchiamo un compromesso su Bagdad, ma al prezzo che se ne trovi uno anche per Damasco”.

Sull’attuale presidente Al Maliki Al Hashimi dice: “Non fa che accrescere lo scontro settario tra sciiti, sunniti e curdi: esattamente l’opposto della mia politica. Maliki sostiene che io stessi preparando un colpo di Stato militare. Per questo avrebbe agito in fretta. In realtà quando i suoi soldati sono venuti a casa mia, hanno trovato solo una pistola e un fucile per la difesa personale. Mi hanno chiesto dove fossero le armi pesanti. Sono rimasti di sasso nello scoprire che non c’era nulla, assolutamente nulla. A Maliki occorre chiedere perché miri a stravolgere tanto velocemente la costruzione politica lasciata dagli americani”.

Non per questo, però, Al Hashimi rimpiange il passato dell’Iraq. “Saddam andava cacciato, era assolutamente necessario. Ma sarebbe stato meglio che gli americani aiutassero con ogni mezzo gli iracheni a farlo da soli. Ci saremmo risparmiati i nove anni di orrore dell’occupazione militare e le sue conseguenze ancora più gravi. Gli americani ci hanno abbandonato senza aver terminato la loro missione. E noi ora da soli non abbiamo i mezzi di completare l’opera per un Iraq libero e democratico”.

 

 

 

 

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