Iraq: premier il rivale di Al Maliki, che non ci sta: “Golpe degli Usa”

Iraq, Obama chiama Abadi. A New York simpatizzante Usa dell'Isis
Barack Obama

BAGHDAD – L’Iraq devastato dai guerriglieri dell’Isis, i fondamentalisti islamici sunniti dello Stato Islamico, ha un nuovo premier: è Haidar al Abadi, sciita come il predecessore Mouri al Maliki, che ha ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo dal presidente della Repubblica, Fuad Masum. E mentre Maliki parla di “golpe e violazione della Costituzione” appoggiato dagli Stati Uniti, il presidente americano Barack Obama, chiama il premier designato, si congratula con lui e gli assicura il sostegno di Washington per la formazione di un nuovo governo.

Usa e Iraq sono tornate vicine, con Washington che fornisce armi ai Peshmerga curdi. E oltreoceano torna la paura di attentati. Lunedì 11 agosto un uomo di 44 anni, Donald Morgan, della Carolina del Nord, è stato arrestato all’aeroporto Jfk di New York perché sospettato di essere un simpatizzante dell’Isis. L’uomo stava rientrando dal Libano. Ha attirato l’attenzione degli agenti dell’antiterrorismo statunitensi tramite i suoi sproloqui su twitter a sostegno dei militanti estremisti iracheni.

Quella di lunedì 11 agosto è stata una giornata intensa nel Paese mediorientale. Dopo la nomina di Abadi, l’inviato dell’Onu a Baghdad, Nicolay Mladenov, ha messo in guardia Maliki dalla tentazione di un colpo di Stato, invitando le forze di sicurezza ad astenersi da “interferenze” nel processo “politico democratico”, dopo che la notte scorsa il premier ancora in carica aveva mobilitato un ingente schieramento di esercito e polizia intorno alla Zona Verde, il cuore politico di Baghdad.

Nel frattempo le forze dello Stato islamico (Isis) hanno conquistato la città di Jalawla, 130 chilometri a nord-est di Baghdad, dopo che domenica avevano perduto quelle di Makhmur e Guwair, dove erano entrati i Peshmerga curdi, appoggiati dai raid aerei americani. Mentre continua il dramma di decine di migliaia di profughi della minoranza Yazidi, fuggiti nei giorni scorsi dalla città di Sinjar conquistata dai jihadisti. Secondo la deputata Vian Dakhil, appartenente a questa comunità, “50 bambini al giorno” muoiono sulle montagne intorno a Sinjar, dove molti sfollati sono bloccati senza viveri ed acqua. Altre migliaia, invece, affrontano in condizioni difficilissime il viaggio verso la frontiera siriana, distante decine di chilometri, per mettersi in salvo. L’Isis “non vuole fare altro che un genocidio della minoranza curda”, hanno denunciato i rappresentanti di questa comunità. E anche il segretario generale della Lega Araba, Nabil al Arabi, ha condannato come “crimini contro l’umanità” che “vanno puniti” le violenze compiute dall’Isis.

 

 

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