BAGHDAD – Il 2020 inizia con il rischio di una guerra. Il presidente americano Donald Trump ha ordinato un raid in Iraq, a Baghdad, dove le forze americane hanno ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani, una delle figure chiave dell’Iran, molto vicino alla Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e considerato da alcuni il potenziale futuro leader del Paese.
Un raid, quello statunitense, condotto, sembra, con un drone, e senza nemmeno avvertire il Congresso. Ma soprattutto che rischia di far salire la già alta tensione fra Stati Uniti e Iran e in tutto il Medio Oriente. La reazione di Teheran è stata immediata, con l’annuncio di ritorsioni.
“Il generale Soleimani stava mettendo a punto attacchi contro diplomatici americani e personale in servizio in Iraq e nell’area”, si è giustificato il Pentagono, che si è assunto la responsabilità. “Il generale Soleimani e le sue forze Quds sono responsabili della morte di centinaia di americani e del ferimento di altri migliaia”, tra cui “attacchi contro l’ambasciata americana a Baghdad negli ultimi giorni”, ha aggiunto il Pentagono.
Il raid punta a essere un “deterrente per futuri piani di attacco dell’Iran. Gli Stati Uniti continueranno a prendere tutte le azioni necessarie per tutelare la nostra gente e i nostri interessi del mondo”, mette in evidenza il Dipartimento della Difesa.
L’attacco americano segue l’avvertimento lanciato dal ministro della Difesa, Mark Esper, dopo le tensioni degli ultimi giorni con ore e ore di guerriglia e diversi tentativi di penetrare il compound che ospita la sede diplomatica Usa nella capitale irachena, la cui torretta all’ingresso principale è stata data alle fiamme.
La dichiarazione del Pentagono arriva dopo ore di confusione, fra voci che si rincorrevano e nessuna rivendicazione della responsabilità. Trump, avvolto nel silenzio, si è limitato a twittare una foto della bandiera americana prima che il ministero della Difesa uscisse alla scoperto.
Quando la televisione irachena ha annunciato la morte del generale Soleimani si è iniziato a immaginare che gli Stati Uniti potessero essere dietro al raid, nel quale ha perso la vita anche Abu Mahdi al-Muhandis, il numero due delle Forze di mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi), la coalizione di milizie paramilitari sciite pro-iraniane attive in Iraq.
La Guardia Rivoluzionaria iraniana, confermando la morte di Soleimani, afferma che il generale è stato ucciso da un attacco sferrato da un elicottero americano. Secondo le ricostruzioni iniziali, Soleimani e Mohammed Ridha, il responsabile delle public relation delle forze pro-Iran in Iraq, erano da poco atterrati all’aeroporto internazionale di Baghdad ed entrati in una delle due auto che li attendeva quando l’attacco è stato sferrato. L’uccisione di Soleimani rischia di avere ripercussioni profonde nei rapporti tesi fra Washington e Teheran, in Medio Oriente ma anche negli Stati Uniti.
ZARIF: “DAGLI USA TERRORISMO INTERNAZIONALE” – “L’atto di terrorismo internazionale degli Stati Uniti con l’assassinio del generale Soleimani, la forza più efficace nel combattere il Daesh, Al Nusrah e Al Qaida, è estremamente pericolosa e una folle escalation”, il duro commento del ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif. “Gli Stati Uniti si assumeranno la responsabilità di questo avventurismo disonesto”. La guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ha chiesto tre giorni di lutto nel Paese affermando che l’uccisione del generale Qassem Soleimani raddoppierà la motivazione della resistenza contro gli Stati Uniti e Israele.
ISRAELE ELEVA LO STATO D’ALLERTA – Israele ha elevato lo stato di allerta dopo aver appreso dell’uccisione in Iraq del generale Qassen Soleimani, considerato nello Stato ebraico come il principale artefice da molti anni della sistematica penetrazione militare dell’Iran in vari Paesi della Regione. Nella nottata la radio militare ha interrotto i programmi normali per trasmettere primi aggiornamenti sulla sua morte. Secondo l’emittente non è da escludersi una reazione degli Hezbollah libanesi se giungessero alla conclusione che Israele ha avuto un ruolo nella sua eliminazione. Al confine israeliano con Libano e Siria le piste di sci del monte Hermon sono state chiuse al pubblico. Secondo l’emittente il premier Benyamin Netanyahu potrebbe abbreviare la visita che sta conducendo in Grecia e rientrare oggi stesso in Israele. (Fonti: Ansa, Reuters)