Israele-Siria: tensione dopo il sangue sul Golan

TEL AVIV – Resta alta la tensione Israele- Siria, alimentata da roventi scambi di accuse, all'indomani della sanguinosa fiammata di violenza lungo la linea di demarcazione fra i due Paesi, sulle alture del Golan: segnata dalle incursioni di manifestanti siriani – e della diaspora palestinese – contro i reticolati israeliani e dal micidiale fuoco di sbarramento dei militari con la stella di Davide.

Lo scontro sul terreno – coinciso con la giornata della Naksa, nella quale i palestinesi ricordano la sconfitta degli eserciti arabi nella guerra dei Sei Giorni del 1967 e l'occupazione israeliana di territori tuttora rivendicati – ha lasciato oggi posto a un residuo bivacco di qualche decina di dimostranti. Ma la calma appare precaria, come testimoniano il perdurante ordine di ''massima allerta'' al confine e l'allarme della comunità internazionale.

Allarme espresso peraltro con accenti diversi: da quelli del Dipartimento di Stato Usa, che condanna Damasco all'unisono con Israele per aver sobillato i disordini e giustifica in pieno la reazione israeliana come legittima difesa; a quello della responsabile Ue per la politica estera, Catherine Ashton, che invece chiede alla Siria di ''non provocare'', ma sollecita anche Israele (al pari di Onu e Russia) a rispondere in modo ''misurato e proporzionato''.

Il confronto accende intanto la polemica fra i due governi coinvolti: in un botta e risposta aperto in mattinata dal ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, con la profezia di una caduta imminente del regime di Bashar al-Assad; e proseguita piu' tardi dal ministero degli Esteri di Damasco, con l'accusa a Israele di aver perpetrato ''una flagrante aggressione contro civili disarmati'' e di praticare ''il terrorismo di Stato''.

Sul bilancio delle vittime diffuso ieri dalla tv siriana – salito fino a 23 morti e 350 feriti, con una repentina progressione di numeri non suffragata per ora da verifiche indipendenti – pendono sospetti e contestazioni. La portavoce dell'esercito dello Stato ebraico, tenente colonnello Avital Leibovitz, ha parlato oggi di cifre gonfiate, sostenendo che i soldati israeliani avrebbero mirato alle gambe, causando – verosimilmente – solo feriti. Mentre ha addebitato la responsabilità di ''otto morti'', individuati attraverso i binocoli, all'esplosione di ''alcune mine siriane'' provocata nel settore di Quneitra – teatro nel pomeriggio di ieri della fase più caotica degli scontri – da un incendio innescato dal lancio di 'bombe molotov' da parte degli stessi dimostranti.

Gli osservatori dell'Onu – che presidiano solo in parte la linea del cessate il fuoco del '67 – si sono limitati a loro volta a confermare all'ANSA d'aver notato lo scoppio delle mine ''dopo il lancio di alcune bottiglie incendiarie'' e l'intervento di ''diverse ambulanze'', ma di non essere in grado di accreditare il bilancio di vittime di parte siriana. Barak, dal canto suo, è rimasto prudente sulla stima dei morti (''Noi pensiamo che siano meno di quanto annunciato dalla Siria'', ha detto).

Gestione cookie