Israele-Usa, ambasciatore a Washington: “Crisi storica, è la più grave dal 1975”

Michael Oren

Tra Israele e Stati Uniti è in atto una crisi storica. Per l’ambasciatore di Tel Aviv a Washington, Michael Oren,  «è molto grave» e ha «dimensioni storiche». Tra i due Stati le relazioni si sono incrinate in seguito all’annuncio di un nuovo e controverso piano di edilizia ebraica a Gerusalemme est”.

Alle critiche esplicite di Hillary Clinton alla condotta del governo israeliano si sono aggiunte quelle di David Axelrod, il più stretto consigliere del presidente Obama. Il via libera a nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme Est in concomitanza con la visita del vicepresidente Joe Biden in Israele rappresenta per Axelrod «un affronto e un insulto e rende ancora più difficile un processo di pace già particolarmente difficile». In un’intervista al talk show This week della Abc, si è detto convinto che l’annuncio sia stato calcolato per indebolire i negoziati indiretti iniziati sotto l’egida dell’emissario americano George Mitchell.

Oren, in una videoconferenza con i consoli israeliani negli Usa e in colloqui con personalità politiche a Washington, ha affermato che si tratta “della crisi più grave dal 1975”. In quell’anno l’allora segretario di stato Henry Kissinger minacciò un totale “riesame” delle relazioni degli Stati Uniti con Israele e il congelamento degli aiuti militari in seguito al rifiuto di quest’ultimo di accettare un piano di ritiro delle sue forze armate nel Sinai.

Le dichiarazioni dell’ambasciatore contraddicono gli sforzi del premier Benyamin Netanyahu di minimizzare la gravità della crisi e di mantenere una parvenza di normalità nelle relazioni con l’alleato americano. Il premier non ha intanto modificato il suo programma di recarsi a Washington la settimana prossima per rivolgersi ai partecipanti al congresso dell’ Aipac, la lobby filoisraeliana negli Stati Uniti, davanti alla quale terrà un discorso anche il segretario di stato Hillary Clinton. Non risulta in programma un incontro di Netanyahu col presidente Barack Obama, che comunque in quei giorni dovrebbe essere all’estero, e non è nemmeno certo che vedrà Hillary Clinton.

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