MONTEVIDEO – Josè Mujica, presidente dell’Uruguay, devolve quasi tutta la sua paga al suo popolo. Sembra una di quelle storie sulla virtù civica degli antichi romani. Il protagonista pare un moderno Cincinnato, quel cittadino romano, che fu dichiarato dittatore dal Senato e che, non appena vinta la guerra contro gli Equi, senza indugiare un solo giorno, tornò a lavorare i campi che aveva lasciato, dopo aver avuto i pieni poteri. José Mujica ha qualcosa di quest’antica virtù.
In un’epoca di crisi come questa, economica e politica, molti cittadini sentono un’ingiusta divergenza tra la condotta dei loro governanti e il proprio tenore di vita. I cittadini dell’Uruguay, dove Mujica serve da presidente dal 2009, non si trovano certo in questa situazione. La loro massima carica dello stato vive in un’austera fattoria nella periferia della capitale, Montevideo.
Qualche macchinario agricolo, un cane menomato, erbe dappertutto, un pozzo per l’acqua, due poliziotti per la sicurezza personale. E’ questa la frugale dimora, forse poco meno semplice di quella dove i senatori romani trovarono Cincinnato, dove abita il presidente Mujica, il quale nel 2009, ha dichiarato di possedere patrimoni per 1.800 dollari, ovverosia il valore del suo maggiolino Volkswagen immatricolato nel 1987.
A questo spartano stile di vita si aggiunga poi l’opera di bene che Mujica non manca di fare. Il 90% del suo salario, circa 12.000 dollari, è devoluto ogni mese in beneficenza, destinato ai poveri o a piccoli imprenditori in difficoltà. Il presidente dell’Uruguay vive di conseguenza con 775 dollari al mese, che corrispondono più o meno al reddito medio degli uruguaiani. E’ per questo che, senz’altro a ragione, Mujica è stato definito come il presidente più povero del mondo.
“Mi hanno definito il presidente più povero – ha detto recentemente – ma io non mi sento povero. Poveri sono quelle persone che lavorano soltanto per cercare di mantenere uno stile di vita sontuoso e che vogliono sempre di più. Questa è una questione di libertà. Se non hai un grande patrimonio, non hai bisogno di lavorare tutta la vita come uno schiavo per conservarlo e, dunque, hai più tempo per te stesso. Posso sembrare un vecchio eccentrico ma è una questione di libera scelta”.
José Mujica ha maturato le sue convinzioni in una vita di combattimenti politici che lo hanno portato fino alla prigione. Negli anni ’60, ha partecipato alla lotta dei Tupamaros, movimento di guerriglia ispiratosi alla Rivoluzione Cubana. Catturato dalla polizia, evaso di prigione, catturato di nuovo e ferito da sei colpi di proiettile, Mujica ha passato gli anni sessanta e i primi anni settanta al centro delle turbolenti lotte dell’Uruguay. Dopo 14 anni di prigionia, alcuni dei quali passati in isolamento, nel 1985 è stato liberato. Nel 1999 è entrato in parlamento con una coalizione di sinistra che comprendeva ex Tupamaros e nel 2009 è stato eletto presidente del governo.
Nel 2014, il governo avrà un termine e Mujica non potrà, secondo la costituzione, ricandidarsi alla propria successione. Di circa 77 anni, questi probabilmente già deciso di godersi una meritata pensione nella sua frugale fattoria, insieme a sua moglie e al suo cane, a lavorare la terra. Un po’ come Cincinnato qualche secolo fa. Gli esempi di virtù sono rari ma non si trovano dunque solo nei libri.
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