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Kirghizistan, tutti contro tutti: lo scontro politico diventa etnico

di luiss_smorgana |25 Maggio 2010 18:47

Le proteste di aprile in Kirghizistan

La rivolta in Kirghizistan ha toccato un nervo scoperto, il rancore interetnico. I Kirghizi del nord affrontano gli Uzbeki del sud, ora che il regime del presidente Bakiev è stato spazzato di fatto in un solo giorno di primavera.

Era il 7 aprile e le agenzie battevano la notizia che la gente comune era scesa in strada per rovesciare le istituzioni, ufficialmente per protestare contro l’impennata del prezzo della benzina. Il governo del Paese ex sovietico si dimetteva e il presidente Kurmanbek Bakiev scappava via dal Kirghizistan. Uno dei leader dell’opposizione, Temur Sariev, parlando alla tv di Stato, diceva che ormai la capitale Bishkek era sotto il controllo dei rivoltosi. Ed è stato facile pensare che ci fosse lo zampino straniero, da un lato la Russia a fomentare e dall’altro gli Stati Uniti a cercare la stabilità, dato che il Kirghizistan è un alleato chiave di Washington per la guerra in Afghanistan e alla periferia di Bishkek c’è un’importante base Usa.

Adesso, a distanza di un mese e mezzo, nelle grandi città del sud del Kirghizistan, come Osh e Jalalabad, i fedelissimi di Bakiev hanno innescato la bomba della guerriglia urbana. Sono i Kirghizi, orgogliosi delle loro origini e del loro presidente, salito al potere dopo la cosiddetta rivoluzione dei tulipani del 2005, e non tollerano le spinte degli Uzbeki meridionali, una minoranza che conta meno di un milione di persone, che sostengono il governo ad interim guidato dalla leader dell’opposizione Roza Otunbaieva e il 14 maggio hanno aiutato a sgomberare dagli uomini  pro-Bakiev le stanze del potere a Jalalabad, che a loro volta il 13 maggio avevano cacciato il governo provinciale provvisorio.. Le piazze sono state così lasciate alla mercè dei violenti che in nome dell’etnia hanno fatto sfociare i vecchi rancori e provocato due morti e decine di feriti, senza risparmiare donne e bambini.

Così le elezioni presidenziali che erano state fissate fra sei mesi sono state bloccate, non si andrà più alle urne, almeno fino all’ottobre 2011. Questa mossa dell’opposizione, sebbene sia motivata dallo stato di emergenza del Paese e dalle nuove violenze, porta con sé l’eredità di un regime, abituato a tenere il popolo a bada, senza chiedere il permesso, davanti a una parvenza di democrazia. Nel 2005 le elezioni post rivoluzione arancione vennero palesemente truccate e Bakiev si aggiudicò la poltrona e in molti non andarono a votare perché tanto, scherzavano, ci pensava lo Stato per loro. Ora che è il partito dell’opposizione a tenere le redini del Paese, comunque è la gente a pagare le spese del caos politico non potendo scegliere subito i propri leader.

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