Libano, mistero Hariri. Arabia Saudita e Kuwait rimpatriano i cittadini

Libano, mistero Hariri. Arabia Saudita e Kuwait rimpatriano i cittadini
Il premier dimissionario del LIbano Saad Hariri (Foto Ansa)

BEIRUT – Si fa ogni giorno più fitto il mistero sulla sorte politica del premier libanese Saad Hariri, da cinque giorni fermo nella capitale saudita Riyad, da dove, sabato scorso, ha annunciato a sorpresa le dimissioni dal governo di unità nazionale di cui fanno parte anche gli Hezbollah, principale alleato dell’Iran nella regione.

E mentre Arabia Saudita e Kuwait hanno esortato i propri cittadini a lasciare il Libano, unendosi così all’invito lanciato quattro giorni fa dal Bahrein, il presidente francese, Emmanuel Macron, impegnato giovedì in visita negli Emirati Arabi Uniti, ha fatto sapere che si recherà oggi “per alcune ore” a Riyad per incontrare il principe ereditario saudita Muhammad ben Salman.

Proprio quest’ultimo, che si prepara a vestire i panni reali al posto dell’anziano sovrano Salman, è considerato da più parti l’artefice del giro di vite “anti-corruzione” senza precedenti in corso nel regno e fautore del recente inasprimento dei toni sauditi contro l’Iran e i suoi alleati nella regione.

E’ in un contesto sempre più teso politicamente che il governo israeliano, che ha una convergenza di interessi con l’Arabia Saudita avendo in comune il nemico iraniano, ha annunciato di voler lanciare un’offensiva diplomatica contro l’Iran e gli Hezbollah in Libano alle Nazioni Unite.

Diversi media libanesi hanno riferito le preoccupazioni degli ambienti politici e finanziari di Beirut sulla sorte del dimissionario Hariri: secondo alcune fonti è “trattenuto” nella capitale saudita, secondo altre è addirittura “prigioniero”, ostaggio”.

Fonti ben informate a Riyad escludono che sia “sotto arresto” ma confermano che “Hariri è temporaneamente costretto a rimanere nella capitale saudita”. I media sauditi, d’altro canto, da lunedì hanno mostrato foto e video di Hariri a colloquio, rispettivamente, con il re Salman a Riyad, con l’emiro degli Emirati Arabi Uniti ad Abu Dhabi e con diversi ambasciatori occidentali e arabi sempre nella capitale saudita.

Proprio l’incontro tra Hariri e l’ambasciatore francese a Riyad avrebbe avuto, secondo fonti libanesi, un’importanza significativa perché “Beirut ha chiesto la mediazione della Francia (ex potenza coloniale e tradizionalmente vicina a settori politici libanesi) per risolvere la crisi”.

In questo senso può esser letta la decisione del presidente francese Macron di recarsi venerdì, anche solo per poche ore, a colloquio con Ben Salman. “Mi sembra fondamentale lavorare con l’Arabia Saudita alla stabilità regionale – ha detto Macron da Abu Dhabi – e alla lotta contro il terrorismo, viste le strette relazioni bilaterali fra i nostri due Paesi”.

Dal punto di vista formale, il presidente libanese Michel Aoun ha intanto annunciato che non accetterà le dimissioni di Hariri finché non lo incontrerà di persona. E il partito politico dell’ex premier, il movimento Mustaqbal, ha chiesto il suo rientro in Libano dall’Arabia Saudita: è “necessario” che Hariri rientri “per restaurare la dignità ed il rispetto” del Paese.

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